Salaam Ragazzi dell’Olivo nasce nel 1988 all’indomani dell’inizio dell’Intifada del 1987. È una campagna promossa da Arciragazzi e Agesci per l’affido a distanza caratterizzato dall’invio diretto di contributi economici alle famiglie e dalla promozione di relazioni tra Italia e Palestina. La scelta dell’affido a distanza è basata sulla volontà di perseguire una piena e consapevole condivisione emotiva di una condizione grave e della volontà solidale per conseguire il suo superamento. La campagna si rivolge nello specifico alle bambine ed ai bambini dei campi profughi palestinesi nell’intenzione di aiutare loro, le loro famiglie e la loro comunità ad affrontare concretamente le difficoltà dello studio, della salute, le poche occasioni di gioco, l’elaborazione della violenza dell’occupazione israeliana dei loro territori. Il programma prevede la possibilità che le persone o le comunità italiane affidanti possano stabilire un contatto ed uno scambio con i bambini affidati. La campagna non si limita al pur indispensabile sostegno economico, ma rafforza le comunità educanti attorno ai bambini, rivolgendosi agli insegnanti, agli animatori sociali dell’infanzia, agli psicologi, ed in sostanza a tutto il sistema di educatrici ed educatori che, in una condizione di gravissima difficoltà, sono comunque presenti nei campi profughi della Palestina sotto occupazione.
Il progetto ha un immediato successo, grazie anche al lavoro del suo principale animatore, Renzo Maffei, che cura il quadro ideale e procedurale in cui si svolge la campagna ed assicurando coerenza politica ed ideale ai suoi obbiettivi nonché un continuo scambio orizzontale e paritario con le organizzazioni e le comunità palestinesi che aderiscono.
Nel notiziario quindicinale della campagna ospitato dai bollettini di Arci e di Agesci, nel maggio 1989 e dopo meno di un anno dal lancio della campagna, Renzo Maffei scrive che gli affidamenti di Salaam hanno raggiunto ormai 1500 bambine e bambini. Nel dicembre dello stesso anno saranno già 2500, ma il dato entusiasmante è che le offerte assumersi l’impegno di affido a cui dare seguito sono ulteriori 3000. Renzo nei suoi articoli riproduce con efficacia le condizioni in cui si svolge la campagna, priva di efficaci mezzi di propaganda e senza risorse “pubblicitarie”, ma con una enorme onda di passaparola che investe i circoli Arci, il sindacato, le parrocchie, scuole, gruppi informali, luoghi di lavoro e singole persone militanti. Un impegno svolto perlopiù da volontarie e volontari che Renzo ed il gruppo di Salaam disciplinano con sistematicità, richiamando ogni militante alle necessarie solerzia e serietà, indispensabili per affrontare con attenzione la mole di informazioni da dare, le richieste da evadere, le iniziative da sostenere, le decine di lettere (non c’erano le mail ed i social) a cui rispondere.
Nel bollettino il gruppo di attivisti di Salaam tiene costantemente informato il popolo che sostiene questo sforzo sugli esiti dell’impegno, ed approfondisce i temi dello sviluppo della situazione in Palestina, grave ed in continuo peggioramento. Affrontando il tema del coinvolgimento dei militanti in Italia viene sottolineato senza infingimenti che l’impegno al sostegno economico è fondamentale, ma lo è altrettanto il fatto che ogni persona che si assume l’affido a distanza possa impegnarsi in “un’opera di relazione, di intervento, di educazione alla solidarietà e alla cultura della diversità”.
Nell’esprimere il valore dell’orizzontalità dell’approccio della campagna all’affido a distanza, così diverso dalle adozioni a distanza che in quella epoca erano diffuse per opera di altri soggetti, soprattutto in Africa, Maffei scrive “loro hanno bisogno di noi. Noi, i nostri figli, abbiamo bisogno di loro: di conoscere le loro sofferenze, di capire la loro condizione, di apprezzare i loro valori, per sentirci non già benefattori, ma semplicemente persone di buona volontà che cooperano tra loro per la pace reciproca”. Un approccio modernissimo, denso di portati e conseguenze di cui ancora beneficiamo nelle consapevolezze che muovo la grande comunità che fa solidarietà internazionale nell’Arci. La modalità della campagna Salaam segna un prima e un dopo, ed il vasto patrimonio di ideali, metodi e criteri con cui si svolge cambia radicalmente anche l’approccio di molte organizzazioni, laiche e cattoliche, nella presa in carico a distanza dei più piccoli.
Nei bollettini si dà conto anche delle missioni in loco, in Gisgiordania e a Gaza, con dettaglio e specifiche delle differenti situazioni di cui, in un’epoca in cui le informazioni erano affidate esclusivamente a media analogici, il popolo dei militanti per la Palestina sentiva grande bisogno. Racconti di prima mano, molto pragmatici, con vive descrizioni del senso della relazione con i “garanti” locali della campagna (le persone referenti palestinesi di ogni comunità interessata) e le diverse situazioni a Nablus e nel nord, a Ramallah, a Gerusalemme, Gerico, Betlemme, Hebron ed il sud, a Gaza.
Nella rappresentazione della vasta rete che in Palestina segue ed agevola la Campagna è importante ricordare accanto alle autorità civili il ruolo incisivo del patriarca latino, di quello ortodosso, del gran mufti. Ma la visionaria capacità di creazione di rete locale di Maffei e delle persone impegnate nella Campagna non si limita alle autorità locali, estendendosi dalle tante associazioni palestinesi, al sindacato, all’università, alle categorie economiche e fino agli ordini professionali ed i collegi dei medici, dei farmacisti, degli avvocati.
La scelta metodologica è quella della distribuzione diretta delle risorse economiche alle famiglie, a scadenza mensile tramite la collaborazione con le banche locali, con iniziali difficoltà logistiche ed organizzative che nessuno nasconde e che vengono rese patrimonio collettivo nella volontà di superarle. A scadenze regolari l’intera economia dell’operazione viene rendicontata con dettaglio di numeri, somme incassate e trasferite, spese organizzative, anticipazioni e tutto quanto riesca a comporre un quadro di totale trasparenza.
Salaam Ragazzi dell’Olivo avrà anni di grande successo e saranno molti gli esponenti del mondo dello spettacolo e della cultura che collaboreranno con l’iniziativa e si assumeranno la responsabilità diretta di uno o più affidamenti a distanza dandone pubblica evidenza nei media. Tra queste persone si distingueranno Zucchero Fornaciari, Nada, Gianni Minà, Antonello Venditti; i Nomadi faranno una canzone, “I ragazzi dell’olivo” che sarà distribuita in un disco 45 giri.
Nei bollettini informativi gli organizzatori della campagna, alla quale si aggiungeranno negli anni altre associazioni, ong e sindacati oltre che amministrazioni locali, non rinunceranno mai ad informare i propri sostenitori degli sviluppi dell’occupazione riportando le dirette testimonianze delle bambine e dei bambini: una scelta non solo giusta, ma molto efficace, perché dalla loro voce, dalle loro frasi, dalla descrizione della loro quotidianità, emergeva con forza l’orrore dell’occupazione, gli assassini indiscriminati, gli arresti arbitrari, la violenza impunita dei coloni, la paura, il lutto, la rabbia, in un alternarsi di perdita di speranza e volontà di riscatto. Le cronache riportano testimonianze dirette di dirigenti dell’UNRWA sulle artificiose difficoltà che gli occupanti israeliani creano alla loro azione umanitaria senza soluzione di continuità, il coraggio di medici ed operatori sanitari, dei giornalisti, dei militanti, dei contadini, delle famiglie e degli operatori sociali che si oppongono alle confische a rischio della vita. Spazio viene riservato anche alle organizzazioni israeliane, in quegli anni numerose, che lottavano per la pace ed il dialogo, per la fine dell’occupazione ed il rispetto delle risoluzioni dell’ONU. Insieme educatori palestinesi ed israeliani, di ogni appartenenza culturale, grazie a Salaam si confrontavano in seminari internazionali sotto l’egida ONU sull’educazione negata, sulle conseguenze delle violenze quotidiane sullo sviluppo psichico delle ragazze e dei ragazzi, con una capacità di ascolto reciproca che ai nostri giorni sembra si sia dissolta in 25 anni di diritti negati dalla violenza quotidiana.
Tutto questo continuerà per molti anni. Oggi Salaam Ragazzi dell’Olivo resta un enorme patrimonio collettivo che dimostra quanto si possa realizzare nella solidarietà internazionale con la necessaria determinazione, lucidità politica e chiarezza di intenti. Intere generazioni di dirigenti associativi del Mondo Arci e di tanti universi della solidarietà e della cooperazione si sono formati con questi principi, con questa metodologia, ed ancora le nostre organizzazioni godono di quell’insegnamento. Per questo Salaam è una grande e bellissima storia da raccontare e trasmettere, anche in questi mesi di buio assoluto che stiamo passando, in cui si fatica a immaginare come potremo rendere speranza nel futuro ai sopravvissuti del genocidio.
Per vincere i sentimenti di sconforto ci viene in soccorso quanto scrive ancora Renzo Maffei nella primavera del 1989 nei suoi resoconti della Campagna: “E’ come se, ricevuta una sorta di assoluzione da parte di Washington per i crimini commessi nei territori occupati, il premier israeliano si sentisse ora più libero di portare avanti la sua politica: il genocidio, o l’esodo di massa dalla West Bank e da Gaza”. È in questo contesto di orrore, di lucidità nella lettura delle intenzioni genocidarie dell’occupante, che è nata Salaam Ragazzi dell’Olivo, ed è dunque nell’odierno contesto altrettanto terribile che noi tutte e tutti non possiamo perdere la determinazione di impegnarci a fondo per i diritti del Popolo Palestinese e non possiamo perdere la forza di guardare la Palestina con gli occhi delle bambine e dei bambini.