Se vogliamo individuare una data precisa per la nascita del movimento pacifista italiano, è certamente il 24 settembre 1961 (segno zodiacale: Bilancia, caratteristico di equilibrio e armonia, volontà di mettere pace …).
Era una domenica e si svolse una marcia da Perugia ad Assisi “per la pace e la fratellanza fra i popoli”. Una marcia così in Italia non c’era mai stata. Processioni religiose sì, se ne vedevano tante, e anche cortei di partito, in tutte le regioni. Ma chiamare a raccolta la gente dal popolo, per camminare nelle campagne umbre con l’obiettivo politico della “pace” (e lanciare l’idea del metodo nonviolento di lotta), era proprio una novità.
Ci voleva un coraggioso visionario come Aldo Capitini, filosofo antifascista, pacifista, nonviolento, libero religioso, per lanciare la sfida.
In un momento internazionale difficile, di forte contrapposizione Est-Ovest (con l’Europa divisa tra Patto di Varsavia e Nato, la costruzione in atto del Muro di Berlino, e la crisi cubana con lo spettro della minaccia atomica), Capitini volle convocare le masse popolari italiane, unendo i filoni storici del pacifismo socialista, comunista, cattolico, radicale, laici e religiosi insieme, nel comune desiderio di pace per il mondo. Marce così se n’erano viste in Inghilterra, convocate da Bertrand Russel contro il nucleare, stile anglosassone. Ma in Italia era diverso, eravamo prima del Concilio Vaticano II e al governo c’era Fanfani. Una marcia per la pace, era una novità assoluta. E al generico pacifismo, Capitini volle aggiungere l’ideale superiore della nonviolenza.
Capitini era laico ma pensò di concludere la Marcia ad Assisi come omaggio a Francesco “che è santo per tutti“, il santo della nonviolenza, il santo che andò disarmato alle crociate, che studiò il Corano, che volle incontrare il Saladino, che diede una dimensione popolare (oggi diremmo politica) al comandamento “ama i tuoi nemici”.
“Forse da secoli in Italia – ha scritto Capitini – non era stato parlato così apertamente della “nonviolenza” in modo popolare, dopo che i supremi insegnamenti di Gesù, dei primi cristiani, di San Francesco, sono stati avvolti, temperati o sottoposti ad altri insegnamenti di legittima difesa, di grandezza della patria, di sottomissione all’autorità e perfino di guerra coloniale, enunciati dall’altare.”
Il senso profondo della Perugia-Assisi è stato illustrato dallo stesso Capitini che ne ha evidenziato i quattro caratteri fondamentali:
- che l’iniziativa partisse da un nucleo indipendente e pacifista integrale;
- che la Marcia dovesse destare la consapevolezza della pace in pericolo nelle persone più periferiche e lontane dall’informazione e dalla politica;
- che la Marcia fosse l’occasione per la presentazione e il “lancio” dell’idea del metodo nonviolento al cospetto di persone ignare o riluttanti o avverse;
- che si richiamasse il santo italiano della nonviolenza.
Capitini e gli altri organizzatori non avevano l’idea di quante persone avrebbero potuto davvero convenire alla partenza dai giardini del Frontone di Perugia. Poco dopo le 8 del mattino fu subito chiaro che la risposta sarebbe arrivata. Oltre agli intellettuali amici di Capitini (da Calvino a Fortini, da Piovene a Guttuso) più di ventimila persone provenienti da tutta Italia (come testimoniato dalle numerosissime lettere di adesione e anche dalle ricevute dei contributi finanziari raccolti per le spese organizzative) si radunarono e via via, lungo il cammino, si aggiunsero molti popolani, contadini e operai, “con il vestito della festa”. Si registrarono presenze anche da altri Paesi, perché Capitini aveva creato un legame con altre organizzazioni e manifestazioni internazionali come la Marcia San Francisco-Mosca, rappresentata dalla giovane pacifista Tony Cantine, e con il movimento antinucleare inglese, la Campaign for Nuclear Disarmament, documentato dal telegramma di adesione del reverendo Collins; ci fu anche la presenza di un giovane studente giapponese che dalla Rocca richiamò la necessità dell’abolizione delle armi atomiche, sganciate pochi anni prima su Hiroshima e Nagasaki. Per la prima volta compare in Italia il simbolo della pace, il Peace Sign, stampato in più copie e incollato su cartoni sollevati da un’asta di legno; ed è anche la prima volta della bandiera arcobaleno, formata da sette strisce di stoffa fatte cucire a mano da alcune amiche, voluta alla Marcia da Capitini stesso. Fu da quel giorno che la bandiera della pace si diffuse ovunque fino a divenire oggi il simbolo mondiale del movimento pacifista: una delle tante eredità della Marcia che ancor oggi dà frutti.
Quella Marcia, inizialmente guardata con sospetto dai partiti, fu un successo. Capitini stesso scrisse: “La Marcia è stata una manifestazione “dal basso”, che ne ha cominciate tante altre. Con l’unione stabilita tra i pacifisti e le moltitudini popolari, si è presentato un metodo di lavoro non più minaccioso di violenza, e nello stesso tempo si è avviata un’unità che è la massima che si può stabilire in Italia: quella nel nome della pace. La resistenza alla guerra diventa oggi tema dominante, perfino con riferimenti teorici, filosofici, religiosi.”
All’indomani della Marcia Capitini volle dare vita al Movimento Nonviolento (data ufficiale di nascita il 10 gennaio 1962, segno zodiacale Capricorno: perseveranza, pazienza e capacità di affrontare le sfide con lucidità e pragmatismo), per avere a disposizione uno strumento utile al proseguimento delle istanze emerse dalla Marcia stessa. Al primo punto del programma del Movimento, Capitini indicò “l’opposizione integrale alla guerra”. E con il Movimento Nonviolento Capitini contribuì a dare vita alla Consulta nazionale per la pace, a cui partecipavano movimenti, associazioni e partiti.
Anche se molti chiesero a Capitini di ripetere l’iniziativa annualmente, egli rifiutò per evitare il rischio che la Marcia, e di conseguenza lo stesso ideale di Pace, divenissero ritualità e stanca ricorrenza.
Diede vita, invece, ad altre Marce specifiche “per la pace e contro la guerra” che lui stesso organizzò in alcune città (Roma, Bologna) e in molti centri della Toscana e dell’Umbria. Ne fu fortemente colpito Pier Paolo Pasolini, che seppe coglierne il messaggio rivoluzionario: “La nonviolenza mi sembra una nozione stupenda: non c’è contraddizione tra la sua elezione e la sua popolarità. Per questo, quelle “Marce della Pace” sono state il fenomeno politico italiano più interessante dell’anno. Una specie di riproposta, modernissima, del CLN”.
Dopo la prematura scomparsa di Aldo Capitini, che avvenne nell’ottobre del 1968, il Movimento Nonviolento, su spinta di Pietro Pinna – che raccolse l’eredità capitiniana – decise di dare vita ad una seconda edizione (nel decimo anniversario della morte di Capitini), e fu solo da allora che la Marcia del 1961 divenne “la prima Marcia”. La seconda Marcia Perugia-Assisi del 1978 ebbe come titolo “Mille idee contro la guerra”. La Marcia riscosse un grande successo, e riuscì a mantenere lo spirito capitiniano ed i quattro caratteri originali. Erano gli anni dei missili nucleari che si contrapponevano nell’Europa ancora divisa tra Est ed Ovest. L’Italia si preparava ad installare i missili a Comiso, in Sicilia.
Fu per questo che nel 1981, a vent’anni dalla prima, il Movimento Nonviolento diede vita alla terza Marcia Perugia-Assisi “Contro la guerra a ognuno di fare qualcosa”. La Marcia era matura per diventare un patrimonio comune del più vasto movimento per la pace. Nel 1985 Pietro Pinna lancia l’idea, che il Movimento Nonviolento raccoglie subito, di convocare una quarta Marcia con il titolo “Contro il riarmo blocchiamo le spese militari”. Il Bilancio della Difesa, infatti, stava registrando aumenti continui, raggiungendo cifre record. Era dunque un preciso obiettivo politico, forte, che determinò il successo della Marcia, a cui aderirono partiti e sindacati, con una partecipazione di oltre 50.000 persone. Accadde però che alcune delle principali forze politiche e sociali che avevano aderito e partecipato alla Marcia, poi non furono conseguenti alla campagna di riduzione delle spese belliche, né in Parlamento né nel paese. Fu per questo che il Movimento Nonviolento di Pietro Pinna, per serietà e coerenza, non convocò una nuova Marcia, “fino a che l’obiettivo della precedente non sarà realizzato” ma si impegnò – con successo – nella conduzione della Campagna antimilitarista di obiezione fiscale alle spese militari. In tanti chiedevano una nuova marcia negli anni successivi, ma il Movimento Nonviolento rifiutò di convocarla se doveva essere una vuota liturgia autocelebrativa, senza un impegno politico preciso.
Gli Enti locali umbri, invece, vollero riprendere la convocazione della Marcia, e costituirono per questo un apposito Ufficio, trasformandola dal 1990 in poi in una sorta di appuntamento a cadenza fissa. Tuttavia la Marcia, al di là delle diverse sigle organizzatrici che si sono alternate negli anni, è divenuta un evento della storia d’Italia. Sono centinaia di migliaia le persone che in tanti decenni vi hanno partecipato. Possiamo dire che essa, comunque, è stata una palestra di formazione politica, di cittadinanza attiva. Il Movimento Nonviolento convocò una quinta Marcia nel 2000, con il titolo “Mai più eserciti e guerre” contro il Nuovo Modello di Difesa e per la Difesa civile nonviolenta.
Capitini ci ha lasciato in eredità una tecnica nonviolenta (la chiamava assemblea itinerante o comunità in movimento) capace di costruire un largo fronte che sappia ripudiare la guerra e la violenza, a partire dal rifiuto delle armi, delle spese militari, degli eserciti, che le guerre preparano e rendono possibili. La Marcia ha senso solo se mette in moto onde che vanno lontano, se avvia campagne e iniziative nel segno della nonviolenza. Se diventa liturgia e tradizione, la Marcia tradisce se stessa.
Il movimento per la pace italiano, grazie anche alla Marcia Perugia-Assisi, è stato forse uno dei più partecipati e attivi a livello mondiale. L’influenza delle culture laica e cattolica si sono fuse, dando vita ad un originale filone nonviolento che va da San Francesco a Capitini, passando per Giacomo Matteotti, Lanza del Vasto, Maria Montessori, Danilo Dolci, Lorenzo Milani, Giorgio La Pira, Ernesto Balducci, Tonino Bello, Tom Benetollo, Marco Pannella, Alexander Langer, Lidia Menapace, Daniele Lugli. Pochi movimenti possono vantare un pantheon così diversificato e prolifico.
Concludo con parole di Aldo Capitini, pronunciate nel 1961, ma attualissime nel 2024:
“Una volta c’è stato un pacifismo molto blando, tanto è vero che davanti alla prima e alla seconda guerra mondiale vacillò. Il vecchio pacifismo era ottimista e di corta vista. La nonviolenza pone impegni precisi. La nonviolenza è una continua lotta. La nonviolenza è attivissima e in avanti, è critica dei mali esistenti, tende a suscitare larghe solidarietà e decise noncollaborazioni, è chiara e razionale nel disegnare le linee di ciò che si deve fare nell’attuale difficile momento”. E poi “pronto, dopo la Marcia, a lavorare ad un Movimento nonviolento per la pace”.
Il lascito di Capitini è il nostro programma politico di oggi.
Le citazioni di Aldo Capitini sono tratte dal suo scritto “Ragioni e organizzazione della Marcia” del gennaio 1962, pubblicato nel libro “In cammino per la pace – Documenti e testimonianze sulla Marcia Perugia-Assisi”, a cura di Aldo Capitini, Edizioni Einaudi 1962.
Settembre 2024