Non c’era un modo migliore e più efficace per attraversare questo ventennale dalla scomparsa del nostro Tom e così rendere attualissimo il suo esempio, le sue intuizioni, le sue battaglie e i suoi valori. Valori che abbiamo assunto come identitari e fondativi in quella stagione lunghissima segnata, appunto, dal pacifismo italiano che ha condizionato in modo positivo la politica e le scelte italiane. Un pacifismo prima di tutto “come scelta politica” che non ha mai vissuto di sola testimonianza ma di azione, convergenza e processi culturali tali da unire in una sola voce esperienze diversissime tra loro per pratiche, idee e valori.
E’ vissuta e sopravvissuta ad una stagione in cui – a differenza della fase attuale – i partiti erano vere e proprie comunità identitarie, coese e radicate e fortemente rappresentative, quindi con meno spazio a disposizione per disobbedire e far disobbeddire alla realpolitik che allora, nonostante una classe dirigente del Paese fatta da giganti, era forte e segnata da un mondo diviso in blocchi. Servivano giganti dal pensiero lungo e Tom è stato questo, insieme a tante e tanti compagni strada, giunti da ogni latitudine culturale o credo religioso. In quella fase si era giganti anche perché – come ricordava spesso un altro grande come Alexander Langer – la chiave stava nel costruire ponti tra diversi anche quando queste diversità apparivano insormontabili. Anche tra diversi si doveva avere obiettivi comuni.
Ecco credo che questa eredità, questa conoscenza storica e politica di una stagione che ha attraversato l’Italia da Comiso contro gli euro missili a Genova contro la Mostra navale bellica, da Roma alle più importanti capitali del mondo in quella straordinaria giornata che è stata il 15 febbraio 2003 quando 110 milioni di persone scesero in piazza in oltre 600 città contro la guerra in Iraq, solo per citarne alcune meriti prima di tutto di essere conosciuta ancora prima di essere ricordata. Conosciuta da chi, ad esempio, non ha mai conosciuto la forza intrinseca delle mobilitazioni politiche come strumenti di cambiamento vero tali da far chiudere una mostra dei mostri a Genova o far scrivere al New York Times per quel 15 febbraio 2003 che era “nata la seconda potenza mondiale del pianeta”.
Perché quel pacifismo politico che abbiamo conosciuto e che Tom ha impersonificato è stato capace di rivoluzionare le scelte e far tremare le cancellerie di mezzo occidente, in modo talmente forte, tanto da subire una violentissima repressione quando maturò il convincimento che quel pacifismo politico contrario alla logica delle guerre, al riarmo ossessivo ed anche poco convinto del ruolo di polizia internazionale assunto dalla Nato all’indomani della caduta del muro di Berlino e del frantumarsi dell’Unione Sovietica, poteva anche aspirare a cambiare il sistema economico. Mi riferisco ad un’altra Genova, quella legata a quel drammatico luglio 2001 con i tragici fatti del G8. Perché quel movimento, in parte o del tutto, era figlio di quella lunghissima stagione che, nel frattempo, seminando, era cresciuto ulteriormente e si poneva sul piano politico non solo a combattere le conseguenze di un capitalismo ormai malato ma in preda a convulsioni estreme ma le cause, proponendo un’alternativa. La lotta alla globalizzazione era anche la lotta per un mondo in pace.
Queste radici e questo impegno ci rimane oggi ed è questo l’aspetto più importante a mio avviso di questo lavoro che è stato realizzato da molti dei protagonisti di questa storia, amici e amiche, compagne e compagni di Tom che ringrazio infinitamente. Un lavoro che è memoria ma soprattutto impegno per ciò che sta accadendo oggi, in questo mondo contrassegnato dalla scelta di tornare alle armi come unico strumento per dirimere controversie internazionali e dove il diritto internazionale viene preso, usato e strumentalizzato a seconda degli attori in campo. Vale per alcuni, non vale per altri insomma.
Un mondo quello di oggi dove al genocidio di Gaza l’occidente risponde con la complicità e l’ignavia. Dove armiamo e finanziamo la guerra in Ucraina invece che fermarla. Dove la spesa per le armi nel 2023 non è mai stata così alta – 2.443 miliardi di dollari; una crescita rispetto al 2022 del 6,8% per un giro d’affari che, sempre nel 2023 sfiora i 615 miliardi di euro. 40 multinazionali del settore hanno avuto un fatturato superiore al miliardo di euro e 17 di queste hanno sede proprio in Europa che cresce e si sviluppa in questo settore e colpevolmente è latitante sul piano politico e diplomatico. E la solita Italia, in silenzio, con Leonardo e Fincantieri vale il 4% del giro d’affari mondiale e il 14% di quello europeo. Siamo all’economia di guerra non per caso ma per scelta.
E dunque c’è bisogno di memoria e maggiore impegno, il nostro. E questo portale sulla storia del pacifismo può diventare uno degli strumenti per riprendere con più forza questo percorso. Includendo, aprendo porte e finestre, facendo entrare aria e volti nuovi, raccogliendo istanze e contributi di tutti colori che non si sentono al sicuro in questa terza guerra mondiale a pezzi per citare Papa Francesco.
E allora si, cara Eva e caro Gabriele, ce l’abbiamo fatta; l’insegnamento del lampadiere lo abbiamo rimesso in pratica e c’è chi si è fatto strada al buio per illuminare il nostro percorso. Il portale è una delle nostre luci e ciò ci fa pensare che Tom è qui, è rimasto il nostro Presidente, vive e lotta insieme a noi e il suo ricordo, il suo esempio, le sue idee sono oggi la nostra voglia di riscatto contro questo mondo in guerra.