Giampiero Rasimelli: una lunga avventura dalla parte giusta della storia

Incontrai le prime volte Tom Benetollo, se ricordo bene, nel dicembre 1980 e subito dopo nel gennaio del 1981 nel mio ufficio del Comitato regionale del PCI dell’Umbria a Perugia. Si era presentato con una telefonata: “sono il responsabile esteri dei Giovani Comunisti (FGCI), vorrei conoscerti e parlare con te della Marcia pacifista che state preparando”. Avevamo costituito nel novembre precedente un amplissimo comitato promotore del ventennale della Marcia per la Pace Perugia Assisi, ideata e realizzata nel 1961 da Aldo Capitini. Vi aderivano movimenti, sindacati, partiti, Istituzioni, prime tra tutte la Regione Umbria, la Provincia di Perugia e il Comune di Perugia. 

Il ventennale della Marcia Capitiniana aveva la forza di convocare e riunire esponenti nonviolenti, ambientalisti, organizzazioni femministe, organizzazioni cattoliche e laiche, esponenti delle gerarchie ecclesiastiche, sindacalisti, forze politiche, sindaci ecc … Certamente non fu il solo luogo di incontro in Italia tra esperienze così diverse impegnate per la pace, ma di sicuro in quel periodo fu il più ampio e prestigioso. Il messaggio storico di Aldo Capitini, la sua testimonianza filosofica, il cammino verso la città di S.Francesco, centro internazionale della fratellanza e della cristianità, sprigionavano una straordinaria attrazione e una speranza profonda di pace e dialogo. Il momento era pericoloso, il mondo stava attraversando tra molte incognite l’ultimo stadio della guerra fredda, eravamo entrati in quella che si chiamò la crisi degli euromissili. Io ero un giovane dirigente del Partito Comunista Umbro e mi trovavo a coordinare, insieme a pochi altri, quel grande evento.

La Guerra Fredda

L’ultimo stadio della Guerra Fredda era cominciato nel 1977 quando i russi decisero di schierare al confine con l’Europa i missili SS20 per mettere in crisi la politica della deterrenza nucleare americana. Nel dicembre 1979 i Ministri degli esteri della NATO arrivarono a quella che venne chiamata la Doppia Decisione: avviare con Mosca il negoziato per la limitazione dei rispettivi arsenali nucleari e nel contempo avviare anche lo schieramento di missili nucleari di medio raggio Pershing e Cruise al fine di spingere l’Unione Sovietica al negoziato e di difendere i territori europei della NATO dalla minaccia nucleare sovietica dei nuovi SS20. Non è questa la sede di un dibattito storico approfondito, ricordo solo il contesto nel quale si svolgevano in quegli anni lo scontro politico e le mobilitazioni sociali, il contesto nel quale vivevano le società, i popoli, le persone, con la paura che, anche per incidente, si potesse precipitare l’umanità intera nel conflitto nucleare. La protesta e la richiesta dei movimenti pacifisti si era riunita attorno a questi obiettivi fondamentali: la riduzione delle armi nucleari in Europa e nel mondo, fino alla loro messa al bando, il superamento della guerra fredda, della divisione del mondo in blocchi militari contrapposti, ciò che poneva a rischio il futuro dell’umanità e che limitava in forme diverse, in tante parti del mondo, ad est, ad ovest e a sud, le libertà civili e politiche in quasi tutto il pianeta. 

E’ importante ricordare questo punto di incontro, queste richieste fondamentali dei movimenti pacifisti, sia per sfatare e combattere le accuse politiche e mediatiche di allora rivolte a quei movimenti di essere “servi di Mosca”, terza colonna dell’Unione Sovietica in Europa e nel mondo, sia per misurare oggi il cambiamento o gli elementi di continuità dello scenario storico, politico, geopolitico e strategico nella dinamica internazionale ed europea.

Il “laboratorio” umbro o La nascita di un’amicizia
Ma torniamo a Tom Benetollo, lui era fatto così, un animale politico di razza purissima, fiutava il fatto politico, l’occasione scatenante, cercava e trovava le strade e i soggetti protagonisti delle mobilitazioni e del mutamento …. Era sempre in movimento col telefono, col suo micidiale fax (poi verrà il telefonino), con le sue valigie sempre pronte.

Così arrivò a Perugia, aveva intuito quello che sarebbe accaduto, che quello umbro sarebbe stato un eccezionale laboratorio, motore e riferimento di una mobilitazione di massa che poi effettivamente dilagò in Italia, in Europa e nel mondo fino al 1987 quando Reagan e Gorbaciov siglarono il trattato INF sulla limitazione delle armi nucleari e sulla graduale eliminazione sui due fronti di parte di quegli arsenali. Poi, dopo il 1987 il grande movimento continuò prendendo progressivamente altre forme.

La convivenza di quell’amplissimo schieramento di forze, la sua unità non furono un’impresa semplice da costruire e poi mantenere. Richiese una grande dose di idealità e un forte esercizio di pragmatismo politico, sia nei confronti dei tanti soggetti protagonisti della mobilitazione, sia nei confronti degli avversari politici, dei diffidenti, dei media. E’ in questo esercizio politico che nacque progressivamente il nostro feeling, la nostra intesa che poi sfociò in una amicizia fraterna e duratura.

Entrambi figli di ferrovieri, la nostra militanza aveva origini diverse, la mia più di formazione universitaria, lui più figlio del popolo (del popolo veneto, sottolineava sempre), aveva costruito da solo la sua formazione culturale e di politica internazionale acquisendo grandi capacità e uno spessore non indifferente che lo avevano portato ad assumere la direzione della politica internazionale della Federazione dei Giovani Comunisti Italiani. Io ero arrivato ad assumere la direzione della politica internazionale del Comitato Regionale Umbro del PCI in virtù dei miei interessi e della mia formazione culturale, ma soprattutto per l’esperienza peculiare che si stava conducendo nella Perugia  di quel tempo, caratterizzata dalla presenza di tante comunità di studenti stranieri collegate alla vita dell’Università per Stranieri di Perugia, che in quegli anni intensi portavano nella nostra città le tensioni, le speranze, le aspirazioni e le lotte di tanti popoli del mondo. Per il PCI umbro e perugino era diventato importante aprire un dialogo con quei mondi insediati nella vita cittadina. Per questo si decise di istituire una responsabilità di politica internazionale nel Comitato Regionale PCI e la responsabilità venne affidata a me, leader studentesco in contatto con le organizzazioni di queste comunità, con le loro esigenze e col loro bagaglio di aspirazioni e lotte.

Il confronto più serrato nel Comitato Organizzatore del ventennale della Marcia della Pace Perugia-Assisi fu con i Nonviolenti di Pietro Pinna, con i Radicali, con le organizzazioni cattoliche, soprattutto ACLI e Agesci, sotto l’occhio vigile e aperto della Regione Umbria. Alla fine, oltre una piattaforma politica che indicava in modo largo i due obiettivi prima indicati (riduzione e bando delle armi nucleari, superamento del mondo diviso in blocchi militari contrapposti), si individuò, rifacendosi agli scritti di Capitini della prima Marcia della Pace, uno slogan essenziale che raccoglieva in sé tutte le motivazioni di quel vasto movimento: “Contro la guerra ad ognuno di fare qualcosa”. Una chiamata alla mobilitazione che funzionò in modo eccezionale. Tra giugno e i primi di settembre si tennero decine e decine di eventi e mobilitazioni in tutta Italia e poi, il 27 di settembre arrivarono alla Marcia della Pace da Perugia ad Assisi circa 100.000 persone, era l’inizio di un movimento travolgente che occupò progressivamente la scena internazionale e che avrebbe cambiato la politica, la cultura e l’opinione pubblica in tutto il mondo. Quella stagione di mobilitazioni e quella Marcia della Pace Perugia-Assisi furono il punto di contatto dell’Italia con quanto accadde in Europa e in tutto il pianeta. Il 7 agosto di quel 1981 il Governo italiano aveva reso noto l’accordo che prevedeva l’installazione di 100 missili Pershing e Cruise a Comiso in Sicilia, la Marcia della Pace Perugia-Assisi fu il primo grande segnale di mobilitazione e di protesta in Italia contro il riarmo ad Est e a Ovest

Così ci conoscemmo e diventammo amici io e Tom Benetollo. Abbiamo dato il nostro contributo a quella storia bellissima e poi continuammo a seguirne gli sviluppi, a indirizzarne l’evoluzione, i successi e gli insuccessi intrecciati con tanti momenti esaltanti e drammatici della storia d’Italia e del mondo.

Tra ottobre e novembre 1981 si tennero enormi manifestazioni in tutta Europa, ognuna con centinaia di migliaia di partecipanti da Bonn, a Roma, Milano, Helsinki, Oslo, Parigi, Londra, Madrid, Atene, Amsterdam, Bruxelles, Barcellona …. e anche a Comiso e in tutta la Sicilia si sviluppò una grande mobilitazione. 

Bonn, Roma, Parigi, Oslo; Bruxelles…Comiso!
Ricordo uno straordinario incontro a Roma insieme a Tom con Pio La Torre, allora Segretario del PCI in Sicilia (poi barbaramente assassinato a Palermo dalla mafia nel 1982), che voleva sapere tutto sul movimento e su quando si sarebbe potuto organizzare un appuntamento nazionale di mobilitazione in Sicilia, a Comiso. 

La grande manifestazione contro i missili si fece finalmente a metà 82 con 100.000 persone provenienti da tutta Italia, un corteo incontenibile che si snodò da  Comiso ai cancelli dell’aeroporto Magliocco e che si concluse con violente cariche della polizia.

In Europa quel movimento si radunò intorno all’European Desarmement Convention promossa dalla Fondazione Bertrand Russel alle cui riunioni del Consiglio Internazionale partecipavo spesso in Compagnia di Tom e di Luciana Castellina allora parlamentare europea e straordinario punto di riferimento per tutti i movimenti europei e internazionali. La END Convention era un momento di incontro itinerante dei movimenti europei, occasione di confronto, di scambio di esperienze e di lancio di campagne e iniziative comuni. Già a fine 82 prese corpo l’idea di portare in Italia una delle sessioni della END Convention. Come si è detto eravamo nel pieno del conflitto sull’installazione degli euromissili Pershing e Cruise destinati in Italia alla base militare di Comiso, in Sicilia e l’esito del conflitto apertosi in Italia ovviamente era un riferimento e una preoccupazione per tutte le organizzazioni europee.

Le mobilitazioni si susseguivano in modo incessante ed era necessario dare un progetto solido a quel movimento, una sua compiutezza culturale e anche un sistema di alleanze capace di mediare una conflittualità politica e mediatica molto acuta. Era un problema europeo, italiano e mondiale. In Italia la sponda fondamentale la offrirono la figura di Enrico Berlinguer e i fermenti interni alla Chiesa di Papa Giovanni Paolo II, il Papa polacco, sfidante nei confronti dei regimi dell’Est Europa, ma testimone degli orrori della seconda guerra mondiale, contrario all’escalation nucleare e alla divisione dell’Europa (e del mondo) in blocchi.

Io e Tom eravamo figli della svolta culturale impostata da Enrico Berlinguer, di quel Compromesso Storico inteso non come la riduzione politicista in cui lo si costrinse nel corso degli anni, ma come quell’idea, quel progetto di una trama democratica profonda capace di superare le rigidità e i rischi imposti dalla Guerra Fredda, le limitazioni politiche imposte allo sviluppo del paese, la fragilità dell’equilibrio Costituzionale conquistato dalla Resistenza e dalla Repubblica nel dopoguerra. I suoi articoli sulla vicenda del golpe in Cile apparsi su Rinascita nel 1973 avevano contribuito a formare una nuova, ampia classe dirigente dei comunisti italiani, giovane e diffusa in tutto il paese. Una gioventù democratica che portava a compimento l’evoluzione del Partito Comunista Italiano come perno della sinistra democratica in Italia in contatto con la sinistra democratica mondiale. Una cultura politica che marcava fortemente la sua differenza e il suo contrasto con i cascami dell’era sovietica.

Tutto ciò facilitò la costruzione di quell’ampio movimento per la pace negli anni ‘80, superando in partenza molti pregiudizi e trovando rapidamente le corde di un linguaggio comune, con delle basi e con delle speranze comuni. Per questo quando la Marcia Perugia-Assisi del 1981 arrivò in piazza San Francesco non trovò, come invece fu nel ‘61 per Capitini, le porte chiuse delle chiese, ma al contrario i Frati del Sacro Convento scenograficamente schierati davanti alla Basilica nel saluto alla Marcia, capitanati da quello straordinario e indimenticabile personaggio che fu Padre Nicola Giandomenico. Un segno potentissimo, una svolta che fu anticipatrice di tanti sviluppi che si determinarono in seguito.

Va ricordato, con grande interesse, che in quel periodo si sviluppò in Europa il movimento degli Enti locali denuclearizzati, cioè di città o borghi che si dichiaravano zone libere da armi nucleari e che si battevano per questo. Si costituì a metà anni ‘80 anche un coordinamento internazionale di questo movimento che ebbe a lungo sede presso la Provincia di Perugia. Il coordinamento nazionale degli Enti locali per la pace ha avuto sino ad oggi un ruolo importantissimo nell’educazione alla pace nel nostro paese, come riferimento di una mobilitazione costante, ampia e trasversale, come soggetto animatore delle marce della pace Perugia Assisi e di altre grandi manifestazioni.

Era chiaro che gli euromissili sarebbero stati, alla fine, installati e infatti vennero dispiegati nel novembre 1983, ma quella marea di mobilitazioni in tutto il mondo aveva ormai scalfito per sempre le certezze della Guerra Fredda e costruito importanti faglie di smottamento negli schieramenti tradizionali, come si vedrà, ad Ovest come ad Est. 

A questo punto vale la pena ricordare due avvenimenti particolarmente importanti e di grande portata. La manifestazione dell’ottobre 83 indetta dal PCI ad Assisi e il lungo percorso di preparazione della END Convention fissata a Perugia nel luglio 1984.

Trattino gli Stati, parlino i popoli

Nel 1976 Enrico Berlinguer aveva dichiarato che il PCI non voleva uscire dalla Nato perché questo avrebbe sconvolto l’equilibrio internazionale e perché – disse – “mi sento più tutelato e sicuro stando di qua, ma vedo che anche di qua ci sono seri tentativi di limitare la nostra autonomia”. Alla prova del conflitto sugli euromissili però, in piena coerenza, non esitò e si schierò contro la decisione della installazione di questi missili in Italia e in Europa. Non si trattava di uscire dalla Nato ma di impedire l’escalation nucleare e di dare voce e attenzione alle moltitudini di persone che stavano esprimendo con una gigantesca mobilitazione la loro preoccupazione esistenziale. Così Enrico Berlinguer accolse l’invito dei comunisti umbri a circa un mese dalla effettiva installazione dei missili a Comiso, in pieno dibattito parlamentare, di venire a marciare da Santa Maria degli Angeli ad Assisi e di parlare dalla Rocca di Assisi, luogo simbolico di arrivo della Marcia di Capitini. “Trattino gli Stati, parlino i Popoli” fu l’appello accorato e lucidamente visionario che Berlinguer lanciò dal palco della Rocca di Assisi, dopo essere stato invitato a pranzo dai Frati nel refettorio del Sacro Convento, straordinaria fotografia dell’intenso rapporto che ormai si era stabilito nel dialogo col mondo cattolico italiano e internazionale. 

L’omaggio a San Francesco, il “pazzo da slegare”, capace di superare le linee di guerra delle Crociate e di parlare col Sultano, l’idea di una diplomazia dei popoli capace di supportare, incalzare e indirizzare la diplomazia degli stati per la pace, la giustizia sociale e i diritti umani nel mondo. Ecco come Berlinguer interpretò profondamente il senso delle mobilitazioni di quegli anni dando un contributo fondamentale alla cultura italiana, alla democrazia, alla nostra Repubblica. Ricordo che io e Tom sul palco della Rocca vivemmo fianco a fianco un momento emozionante, di grande orgoglio e soddisfazione, sapevamo di aver contribuito a realizzare un evento di grande importanza che avrebbe lasciato il suo segno nella storia italiana.

Nel 1983, alla fine della End Convention di Berlino si decise che la successiva, terza edizione si sarebbe tenuta in Italia, a Perugia, nel luglio 1984. Gli euromissili erano stati dispiegati, ma la pressione mondiale del movimento per la pace sui negoziati tra NATO e Mosca non era diminuita. Con Tom e gli altri amici della END, mentre si teneva alto il livello della mobilitazione internazionale (si ricordi la gigantesca manifestazione del 22 ottobre a Roma in contemporanea con tantissime altre nelle più grandi città del mondo) si decise di aprire un altro fronte, il dialogo con i dissidenti dell’est Europa. Svolgemmo una lunga serie di missioni nei Paesi dell’est tra grandi difficoltà, incontrando gruppi di dissidenti anche loro schierati per la battaglia contro il dispiegamento degli euromissili ad est come ad ovest e per il superamento dei blocchi imposti dalla guerra fredda. Ricordo che con Tom andammo in complicate missioni in Germania Est, a Praga, a Belgrado (allora ancora una delle capitali dei paesi non allineati), ma le diverse organizzazioni pacifiste europee avevano tutte una grande rete di contatto con i dissidenti dell’est Europa. Nel contempo continuammo anche le relazioni con i cosiddetti Comitati ufficiali dei paesi dell’est nella volontà di dimostrare il pieno diritto di tutti a organizzarsi e mobilitarsi della pace. 

Così quando arrivammo alla END Convention di Perugia si rese evidente che i regimi dell’est avevano impedito la partecipazione dei gruppi e delle personalità indipendenti, mentre i rappresentanti ufficiali arrivarono alla Convention tra critiche e polemiche. Lasciammo, ricordo, due file di poltrone vuote nel teatro Turreno con i nomi di coloro ai quali era stata negata la possibilità di venire a Perugia. La cosa ebbe grande risonanza, anche mediatica e contribuì a rafforzare politicamente quel grande movimento, a dimostrare la sua autonomia e indipendenza, la sua fedeltà democratica. Ricordo anche il bellissimo intervento sul rapporto tra pace e diritti umani che fece in quella sede Pietro Ingrao

Nel febbraio di quell’anno era morto Andropov il segretario del PCUS, il successore di Breznev. Fu sostituito da Cernenko, una maschera che stava rendendo evidente la crisi irreparabile di un regime. Di lì a un anno anche Cernenko morì e si aprì l’era di Gorbaciov, la storia del mondo cambiò e nel 1987 Reagan e Gorbaciov firmarono il primo trattato per la riduzione delle armi nucleari, tra cui gli euromissili, che vennero smantellati a Comiso ancor prima della data inizialmente prevista per il 1991.

Purtroppo però, quella Convention si tenne appena 3 mesi dopo la morte di Enrico Berlinguer, colpito dalla malattia durante il drammatico comizio di Padova. Il popolo italiano aveva tributato un lungo, intenso e commosso addio al grande leader della sinistra italiana, dei Comunisti Italiani e poi alle elezioni europee aveva votato in massa PCI, oltre un terzo dell’elettorato (in Umbria il 48%), ma aveva perso il leader della sinistra democratica più importante degli ultimi decenni. Fu un grandissimo colpo per tutti noi, ma la forza della sua figura e delle sue idee continuò a spingerci e a dettarci l’orizzonte delle nostre azioni.

L’alba di una nuova era: i primi passi nel mondo a venire

Il mondo cambiò facendo intravedere l’alba di una nuova era che ebbe a simbolo le immagini della caduta del muro di Berlino. Si aprì la stagione delle turbotrasformazioni, dall’avvio della globalizzazione, alla dissoluzione dell’URSS, alla rivoluzione dettata dalle nuove tecnologie nel mercato, nel lavoro, nella vita degli individui e delle nostre società, dall’immaginazione illusoria ed errata di un mondo unipolare, alla realtà del terrorismo, della progressiva frantumazione dell’equilibrio internazionale, dall’ascesa inarrestabile della Cina e di altre grandi e medie potenze nel sud del Mondo, il continente Indiano, il grande Brasile, il Sud Africa, l’Arabia Saudita e degli Emirati, la Turchia, al diffondersi di tante sanguinosissime guerre regionali figlie allora del conflitto per la leadership di aree geopolitiche e oggi più segnate da una logica globale.

Muovevamo i primi passi in quel mondo a venire. I destini mio e di Tom si separarono per poco tempo, io divenni segretario del PCI di Perugia alla fine dell’84 e Tom scelse di andare a continuare la tessitura della sua rete all’ARCI Nazionale, la più grande Associazione Italiana in odore di grandi cambiamenti. Nel 1986 divenni membro del Comitato centrale del PCI e a fine 1988 ricevetti una telefonata di Tom che mi chiese se fossi disponibile a pensare di fare il Presidente Nazionale dell’ARCI. 

L’Associazione era nel pieno di un profondo e contrastato processo di trasformazione. Era nata da qualche anno Legambiente, Il tessuto tradizionale delle Case del Popolo si era raccolto in ARCI NOVA, era nata Slow Food, Arci Donna, Ora d’Aria nelle carceri, il CISM, uno dei primi associazionismi di immigrati, il tutto insieme alla UISP dello sport per tutti, ad Arci CacciaArci Ragazzi, Arci Servizio Civile, Arci Gay ecc… Un corpo enorme (oltre 1 milione di soci), ma molto indebolito e attraversato da grandi tensioni centrifughe, ancora caratterizzato dal classico assetto degli organismi di massa a direzione Comunista/Socialista. 

L’idea di Tom, condivisa da Fabio Mussi nella Segreteria nazionale PCI, da Michelangelo Notarianni, allora responsabile del PCI per l’Associazionismo e da Rino Serri allora Presidente Nazionale della Confederazione Arci (appena costituita) era che proprio sulla base dell’esperienza pacifista e a partire da quei valori e da quel metodo di lavoro si potesse restituire in qualche modo all’ARCI, alle sue componenti una identità e un progetto unitario, una capacità di attrazione di tutto un mondo associativo laico e cattolico che stava chiedendo alla politica di ampliare i propri confini culturali e di rappresentanza.
Rimasi affascinato da quella sfida e la possibilità di lavorare di nuovo con Tom e poi con Nuccio Iovene mi rassicurò, dissi di sì e a settembre del 1989 diventai Presidente Nazionale dell’Arci. Di lì a poco arriveranno all’Arci anche due miei grandi amici che avranno un ruolo molto importante nell’Arci del Pacifismo e della Solidarietà, Raffaella Bolini e Stefano Magnabosco

Fu da subito un’esperienza straordinaria ed esaltante che, tutto compreso, occupò quasi 17 anni della mia vita (considerando anche gli anni in cui fui Presidente del Consiglio Nazionale dell’Arci e Portavoce del Forum del Terzo Settore), ma qui potrò raccontare solo alcune parti di quel lungo percorso interamente condiviso con Tom.

Il 29 settembre del 1989 fui eletto Presidente dell’Arci all’Hotel Jolly a Roma, il 9 novembre di quell’anno, in una giornata indimenticabile, cadde il muro di Berlino. Questa sequenza dice quasi tutto sull’esperienza che avrei condotto alla Presidenza dell’Arci e negli incarichi successivi che prima ho ricordato. Ripenso ai colloqui serali, con Tom e con gli altri, alla ricerca comune, alla condivisione dei dubbi, delle suggestioni, delle preoccupazioni alla determinazione delle scommesse comuni per un futuro che vedevamo tutt’altro che facile e piano.

Il cardine dell’ordine mondiale nel dopoguerra era crollato, ma l’unipolarismo invocato e predicato dai circoli conservatori dell’occidente era una previsione fallace che quasi subito si dimostrò tale. Dicevamo sempre con Tom: “il mare è molto mosso e l’onda è sempre più alta!”, una battuta tra amici che però dà il senso delle nostre percezioni e preoccupazioni di allora, di quel tempo complicato che ancora oggi non ha trovato approdo.

Time for peace

Già il 30 dicembre di quell’anno ci trovammo tra i promotori di Time for Peace, impegnati in una catena umana composta da israeliani, palestinesi ed europei che circondò le mura antiche di Gerusalemme chiedendo 2 stati per 2 popoli in quella terra martoriata. Alla fine del 1987 era partita la prima intifada dei ragazzi palestinesi e avvertivamo che senza una risposta il conflitto aperto da molti decenni tra israeliani, palestinesi ed arabi sarebbe esploso in modo incontrollabile. 

Da quel periodo partirono 2 percorsi, uno di pace che avrebbe condotto agli accordi di Oslo, e uno di guerra sospinto dalla destra israeliana e dalle componenti più conservatrici e oltranziste palestinesi ed arabe che quegli accordi avrebbero fatto fallire, un percorso che avrebbe insanguinato il Medio Oriente e il mondo fino ad oggi. Ricordo che in quelle giornate tra i tanti incontri che avemmo, con i progressisti israeliani, i sindaci israeliani e palestinesi, le organizzazioni palestinesi, i rappresentanti dell’ONU, Tom ebbe un incontro riservato con Bibi Nethaniau, l’astro nascente (allora) della destra israeliana. Ne uscì estremamente preoccupato, lo trovo’ una personalità brillante, carica di leadership e del tutto convinto che solo una Grande Israele avrebbe garantito la sicurezza del popolo israeliano. Aveva toccato con mano l’idea cancerogena che stava aggredendo le classi dirigenti israeliane e che tanti danni e sangue avrebbe prodotto nei decenni successivi. Sino al dramma di oggi in cui oltre alle stragi di civili israeliani perpetrate da Hamas e di civili palestinesi prodotte dallo sconsiderato e sanguinoso intervento israeliano a Gaza, ciò che è stato profondamente messo in discussione è l’assetto democratico dello stato di Israele, un tesoro prezioso non solo per Israele, ma per tutta la martoriata area mediorientale e per tutto il mondo.

Noi continuammo pieni di speranza il nostro impegno per la pace e per 2 stati per 2 popoli. Lo facemmo costruendo anche un forte legame con le comunità ebraiche italiane, mai venuto meno in tutti questi anni e di cui Tom fu protagonista essenziale, con i pacifisti israeliani e con i sindaci e le comunità partner di progetti di cooperazione internazionale sui territori palestinesi ed israeliani. Ma lo facemmo anche dando vita ad importanti iniziative politiche che rimangono nella storia come la visita di Arafat a Perugia e ad Assisi il 6 aprile del 1990. Quando il Rappresentante dell’OLP a Roma Nemer Hammad ci convocò per comunicarci la prossima visita del Presidente Arafat in Italia e la volontà di avere non solo incontri politici e istituzionali, ma anche con la società civile, proponemmo immediatamente di realizzare un grande incontro popolare con i pacifisti che sostenevano la causa dei 2 stati per 2 popoli, subito dopo elaborando questa idea, arrivammo alla soluzione di realizzare una manifestazione di massa a Perugia e un incontro simbolico al Sacro Convento di Assisi. Avuto l’assenso dei Frati e del Vaticano ci mettemmo al lavoro per concretizzare quel complicatissimo progetto, soprattutto dal punto di vista del protocollo e della sicurezza. Ma il risultato fu straordinario, le immagini del comizio di piazza (stracolma) di Arafat a Perugia, in Italia e dell’incontro al Sacro Convento di Assisi fecero il giro del mondo e credo che, nel suo piccolo, quello fu un contributo importante al percorso di pace che era in piedi in quei mesi ed anni. Il 20 agosto 1993 vennero firmati gli accordi di Oslo tra Arafat e Rabin, un momento enorme di speranza si era acceso nel mondo. Ricordo che quella sera stappammo un Prosecco con Tom, consapevoli di essere stati una piccola parte di quello straordinario percorso, per una volta liberi dalle perplessità e dai cattivi presagi che ci avevano a lungo accompagnati. 

Il 4 novembre del 1995 l’assassinio di Rabin a Tel Aviv durante una manifestazione di sostegno agli accordi di OSLO, strappò quella speranza. Di lì si dipartirono una serie di errori di comportamento di tutti i protagonisti che spalancarono le porte alla destra israeliana, all’oltranzismo conservatore arabo e alla rabbia dei palestinesi … gli esiti li conosciamo tutti.

Il vento della speranza smette di soffiare

Ma in quegli anni la speranza era forte come il vento che sembrava soffiare verso un mondo nuovo. A giugno del ‘90 ospitammo a Roma in una manifestazione a Piazza Farnese Nelson Mandela, l’eroe africano che aveva sconfitto l’Apartheid in Sud Africa ridando speranza a tutto il continente nero e ponendosi alla guida di un grandissimo processo di riconciliazione nazionale. Ricordando il percorso di Gandhi nel continente indiano Mandela testimoniava di una via non violenta al riscatto contro le discriminazioni razziali e alla conquista dell’indipendenza dagli interessi internazionali che condizionavano quel grande paese. 

Il 7 ottobre 1990 si tenne una edizione della Marcia della Pace Perugia Assisi intitolata “In cammino per un mondo nuovo”. Non c’era l’ingenua convinzione che l’equilibrio di pace fosse stato raggiunto, al contrario, c’era la consapevolezza e l’urgenza che le profonde trasformazioni di quegli anni dovessero trovare un approdo positivo e non lasciarsi precipitare nelle tante e immense contraddizioni che erano visibilmente aperte nel pianeta, le diseguaglianze, le guerre incontrollate, l’incrinarsi del rapporto tra natura e sviluppo. Nel dicembre del 1990, infine, Lech Walesa diventava Presidente della Repubblica in Polonia dopo lo straordinario successo di Solidarnosc alle libere elezioni legislative, anche in quel caso con un percorso di grande conflittualità con l’ex regime comunista lungo un decennio, ma senza spargimento di sangue.

Già nell’agosto 1990, però, arrivarono dal Kuwait i primi segnali di guerra. Saddam Hussein indebolito dalla lunga guerra Iran Iraq decise l’invasione e l’occupazione del Kuwait. Era in gioco il ruolo di Saddam e dell’Iraq come potenza regionale di fronte non solo a Israele, ma anche all’Iran di Komeini e all’Arabia Saudita. Una crisi gravissima che anticipò quanto di lì a non molto si sarebbe scatenato in tutta l’area. Torneremo a parlarne tra un momento.

Il 1991 fu l’anno del grande ritorno della guerra sulla scena internazionale e di una intensa ripresa della mobilitazione pacifista. In primavera io e Tom partecipammo a Belgrado ad una riunione del consiglio internazionale della END Convention in un hotel lungo le rive della Sava. Ricordo che festeggiammo particolarmente la presenza di Adam Michnik, uno dei leader della rivoluzione democratica in Polonia, ma il confronto con tutti gli amici delle diverse nazionalità Jugoslave ci raggelò. Eravamo andati lì per questo, per avere un quadro delle tensioni e dei rischi avvertibili in ogni regione del territorio Jugoslavo e il riscontro che avemmo da tutti i nostri amici jugoslavi fu assolutamente preoccupante: la pentola balcanica stava per esplodere.

Furono mesi di eventi sconvolgenti in sequenza. Dal 27 giugno al 6 luglio si consumò il conflitto dei 10 giorni tra la Slovenia che aveva dichiarato la sua indipendenza e il Governo Federale Jugoslavo di cui Ante Markovic tentava ancora di tenere in piedi  il vessillo unitario che di lì a poco sarebbe stato ammainato nel sangue. Subito in quei giorni indicemmo una manifestazione pacifista a Trieste con un larghissimo schieramento associativo, sindacale e politico, con la Comunità Slovena in Italia e con i Sindaci di tutta l’area di confine. Poi le truppe federali si ritirarono dalla Slovenia che aveva ricevuto il sostegno dell’Europa intera e quel primo atto volse al termine. Ci stavamo preparando ad un lunghissimo percorso, che durò anni nella macelleria ex Jugoslava. Da subito avevamo cominciato a lavorare ad una iniziativa pacifista di largo respiro per l’autunno.

 Io verso il 20 luglio andai in vacanza in Norvegia a Bergen con l’idea di andare poi direttamente da lì a Mosca per partecipare ad un evento della END Convention e della Fondazione Bertrand Russel sui diritti umani che doveva essere introdotto da Elena Bonner moglie del più famoso dissidente russo, premio Nobel,  Andrej Sacharov, morto nell’89. Arrivai a Mosca il 14 agosto e lì incontrai Tom e gli altri membri della delegazione italiana. Il convegno si svolse regolarmente, io feci l’intervento conclusivo sul tema democrazia e diritti umani nella lotta per la pace e poi la delegazione italiana si divise in 3 gruppi, uno si recò a Cernobyl, uno a Leningrado (si chiamava ancora così) e uno, quello con me e Tom restò a Mosca. Il programma era di fermarsi un paio di giorni nella capitale sovietica. La mattina del 19 agosto, la televisione trasmetteva solo una striscia incomprensibile in cirillico e una musica semi funebre, in hotel non si trovava più nessuno, c’era il deserto. Alla fine Tom riuscì a parlare con un cameriere con poco inglese e molti gesti. Riuscimmo a capire che era in atto un golpe militare contro Gorbaciov, detenuto nella residenza estiva in Crimea. 

Pieni di apprensione ci portammo in centro, nella Piazza Rossa, dove vedemmo arrivare una lunga coda di carri armati, il clima era drammatico, ma non tragico, non c’era nessuna traccia o sentore di conflitti armati, la grande metropolitana funzionava e molta gente era in giro. Per 3 giorni, attraverso l’Unità, mandammo notizie e commenti in Italia. Andammo il giorno seguente alla sede del Parlamento della Federazione Russa, la Casa Bianca di Mosca era denominata, c’era tantissima gente, un carro armato era parcheggiato davanti all’ingresso principale, ma non era pericoloso, era al contrario la meta di tantissimi, tra cui io e Tom, che ci salivano sopra e si facevano una foto. L’esercito aveva deciso di non sparare sulla folla, Eltsin, Presidente della Federazione Russa, si era opposto con forza, il golpe stava fallendo. Il 21 agosto riuscimmo a prendere un aereo per Roma e nello stesso momento in cui noi stavamo partendo per l’Italia nell’altro aeroporto di Mosca, Vnukovo, stava atterrando l’aereo che riportava Gorbaciov sano e salvo al Cremlino. Ma il prezzo da pagare fu per lui altissimo e il 25 dicembre del 91 la Bandiera dell’Urss venne per sempre ammainata dalle guglie del Cremlino, l’Unione Sovietica si dissolse sotto la pressione di Eltsin e di tutte le altre repubbliche ex sovietiche. Come ho già detto prima, non è questa la sede di un’analisi storica, ma la caduta di un gigante come l’Unione Sovietica, il suo sfaldamento, miracolosamente senza morti, senza guerra civile, ebbe nell’immediato e nel corso degli anni fino ad oggi un peso enorme su tutta la scena internazionale.

Che il moloch sovietico si fosse autodistrutto non era certo un danno per la storia, ma al contrario delle speranze che Gorbaciov aveva suscitato con la sua perestroika, fu una deflagrazione che produsse all’interno dell’ex Urss e nel panorama internazionale un effetto “liberi tutti” che aumento’ le tensioni in molte aree di crisi, ne generò di nuove e alla fine produsse un indebolimento delle istituzioni internazionali e del diritto internazionale. A tutto questo si aggiunsero gli errori imperdonabili di USA e Europa sospinti dalla spregiudicatezza del capitalismo occidentale. Si fece di tutto per accaparrarsi le spoglie dell’ex impero sovietico, dell’est europeo, dei Balcani o per mettere sotto diretto controllo tante aree di crisi, a cominciare dal Medio Oriente. Si chiusero tutti e due gli occhi di fronte alle grandi sfide che si presentavano di fronte all’umanità. Forse solo la riunificazione delle due Germanie in un’unica Repubblica Federale Tedesca (1991), voluta da Helmut Kohl e sostenuta da Mitterand, fu un fatto e un’indicazione positiva che si manifestò in quel periodo, non senza contrasti, errori ed omissioni. Ricordo che in quegli anni Giovanni Paolo II, il Papa polacco, lanciò un monito straordinario, la caduta dell’URSS e dei regimi dell’est, gli errori del marxismo dogmatico non significavano che le istanze di giustizia sociale evocate da Marx fossero errate, e invitò i potenti della terra a farsi carico della povertà, dell’uguaglianza, delle esigenze di sviluppo di tutti i popoli e di un corretto rapporto tra natura e sviluppo.

La carovana della pace

Tutti questi ragionamenti erano il pane quotidiano delle discussioni con Tom mentre ci dibattevamo senza sosta nel labirinto degli eventi di quei mesi. Ma facciamo un passo indietro. Al ritorno da Mosca ci lanciammo subito nella preparazione della Carovana della Pace nei Balcani promossa dalla Helsinki Citizens Assembly e dalla sua Presidente Sonia Licht dopo i fatti di Slovenia, iniziativa sostenuta dall’Arci, dall’Associazione per la pace e da tanti esponenti di altre sigle associative e politiche (Acli, Pax Christi, Verdi, Sinistra Giovanile, Donne per la Pace …). I due tronconi della Carovana partirono uno da Trieste e l’altro da Skopje (oggi Macedonia del Nord) per convergere su Sarajevo. Noi partimmo da Trieste passando per Rijeka, Lubiana,   Zagabria, Subotica e Belgrado e costruimmo in ogni città incontri con tutte le organizzazioni pacifiste e le istituzioni locali. 

A Sarajevo fummo accolti dal direttore del Centro Internazionale per la Pace Ibrahim Spahic e insieme a lui organizzammo una catena umana di pace, composta dagli europei convenuti a Sarajevo con la Carovana e dai rappresentanti di tutte le etnie bosniache (croati, mussulmani e serbi), che congiunse i tre luoghi simbolici di quella città multietnica, la Moschea, la Sinagoga e la Cattedrale cattolica. Il tutto fu concluso con un concerto cui parteciparono i Nomadi, i Litfiba e Idea Trio.

Ci impegnammo moltissimo a tenere insieme i cittadini, le comunità, le organizzazioni contrarie alla guerra nei diversi territori della ex Jugoslavia, a farli esprimere, a dargli voce, ma avvertivamo che la dinamica dei fatti volgeva probabilmente al peggio. Infatti in pieno autunno la situazione esplose. Tra ottobre e novembre si scatenò la battaglia di Vukovar, in Croazia, con l’assedio della città, le atrocità compiute dai paramilitari del serbo Arkan e dagli eredi degli Ustascia croati e infine la sua capitolazione. Quello fu il confine stracciato e irrecuperabile della crisi della Ex Jugoslavia. Subito dopo i fatti di Slovenia l’Europa avrebbe dovuto fare ogni sforzo per portare tutte le regioni/nazioni della ex Jugoslavia ad un negoziato che proponeva pace in cambio di un ingresso di tutti in Europa. Ma questo processo non si realizzò, l’Europa accettò che i destini di Slovenia e Croazia si separassero da quelli delle altre nazionalità e alla fine prevalsero i nazionalismi estremi e il conflitto armato. 

Ci fu però anche un altro dato su cui riflettere in quella drammatica situazione. Noi pacifisti sostenemmo che proprio a Vukovar dovesse essere dispiegata una cospicua forza internazionale di interposizione, ciò non avvenne in quell’occasione e anche nei mesi ed anni successivi, caratterizzati da una presenza debole e in tanti casi impotente dell’ONU, come testimoniò l’eccidio di Srebrenica perpetrato dalle truppe serbe di Mladic di fronte a un manipolo inerme di Caschi Blu Olandesi. E’ così che prese corpo la teoria degli interventi internazionali sostenuti da USA e NATO, la prima operazione “Deliberate Force” avvenne in Bosnia nel 95 e la seconda “Allied Force” (che coinvolse ancor più direttamente l’Italia) si sviluppò da marzo a giugno del 99. Questi interventi militari che, richiamandosi a deliberazioni generiche dell’ONU e aggirando in questo modo l’ostacolo del veto quasi sempre di Russia e Cina nel Consiglio di Sicurezza, si proponevano di “stabilizzare” i teatri di crisi. Ciò che sottolineava la debolezza dell’Onu e che avrebbe caratterizzato l’implementazione dello strumento della guerra in tutti gli anni a venire, fino ad oggi. 

Promuovemmo grandi mobilitazioni in quegli anni. Il 26 settembre 1993 si tenne una grande Marcia della Pace Perugia Assisi “La guerra nella ex Jugoslavia: fermiamola”, preceduta da una grandissima manifestazione a Roma. Si tentò di costruire altri incontri e manifestazioni a Sarajevo, a Belgrado e in altri centri della ex Jugoslavia. 

Ricordo i rischi corsi durante un’altra Carovana “Mir Sada”(agosto 1993)  organizzata dai Beati Costruttori di Pace di Don Albino Bizzotto e da noi sostenuta insieme alle Acli di Giovanni Bianchi e Franco Passuello. Nel 93, su iniziativa dell’ Arci e di altre associazioni venne fondato il Consorzio Italiano di Solidarietà appositamente per organizzare e coordinare gli aiuti diretti alle popolazioni civili e alle comunità coinvolte nella tragedia balcanica, un organismo laico che si trovò spesso a collaborare con la Caritas, nei Balcani e nell’accoglienza dei profughi in Italia. 

Un grandissimo impegno che continuò per molto tempo e che si rivelò prezioso anche dopo gli accordi di Dayton nel 95, per ritessere i rapporti tra le comunità e aprire con la cooperazione nuovi orizzonti di convivenza. Ma la guerra era ormai stata riportata in Europa, un fatto e un presagio che avrebbero cambiato profondamente la storia del nostro continente.

Da questa esperienza io ho tratto una convinzione che poi si è consolidata nel tempo. Senza efficaci strumenti di dissuasione e interposizione che abbiano la capacità e la legittimazione ad intervenire prima che le crisi esplodano o all’inizio della loro esplosione, le istituzioni e il diritto internazionale sono destinate ad essere deboli, impotenti, prive della forza necessaria ad intervenire efficacemente che viene invece direttamente o indirettamente delegata ad altri soggetti o che viene assunta in prima persona da questi per affermare i propri interessi in nome della comunità internazionale. Le istituzioni internazionali e soprattutto l’Onu vengono così bloccate dalla logica dei veti delle superpotenze globali o regionali e questa è l’aporia che oggi principalmente sconta la comunità internazionale e il suo equilibrio e che rende sempre ingovernabili le crisi. 

Medio Oriente in fiamme

Contemporaneamente si stava incendiando e ampliando il conflitto in Medio Oriente. Come ho già detto il 2 agosto del 90, dopo gli anni della durissima guerra tra l’Iran di Komeini e l’Iraq, Saddam Hussein che vedeva incrinarsi il suo ruolo di dominus regionale decise di invadere ed occupare il Kuwait. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU intimò all’Iraq l’immediato ritiro delle truppe e di fronte al rigetto da parte di Saddam di questa risoluzione delle Nazioni Unite si formò una coalizione di 35 Stati che su mandato ONU, dopo 7 mesi di combattimenti, fece ritirare completamente le truppe irakene dal territorio del Kuwait. 

Nel corso di questa gravissima crisi Saddam, oltre ad incendiare i pozzi di petrolio e ad inquinare in modo gravissimo grandi aree della regione, bloccò in Iraq centinaia di lavoratori, commercianti e professionisti occidentali che si trovavano in quel momento nel paese. Così nacque la brutta vicenda degli ostaggi di Saddam. Dopo tanti e diversi tentativi italiani e internazionali di ottenere la liberazione di questi ostaggi, grazie ai buoni uffici della Chiesa Cattolica e del Presidente Arafat partì a metà novembre 1990 da Roma una delegazione formata da Giovanni Bianchi e Franco Passuello per le Acli, da Padre Nicola Giandomenico del Convento di Assisi, da Monsignor Hilarion Cappucci, da Chiara Ingrao per l’Associazione per la Pace e da me, Benetollo e Raffaella Bolini per l’ARCI. 

Dopo circa 20 giorni di pazienti negoziati, di incontri a tutti i livelli e in costante contatto con gli oltre 160 ostaggi italiani, riuscimmo a portare tutti a casa il 10 dicembre con un volo speciale inviato dal Governo Italiano. Il 26 febbraio 91 le truppe irakene si ritirarono completamente dopo 7 mesi di occupazione e il Kuwait fu liberato. Ma anche questa crisi insieme a quella dei Balcani e a quanto stava succedendo in Russia segnalava un forte aggravamento della situazione internazionale. 

Per un pacifismo politico e resistente

Con Tom, gli altri amici dell’Arci e con tanta parte dell’associazionismo italiano abbiamo convintamente condiviso e praticato l’idea di dare voce allo spirito di resistenza alla guerra della cittadinanza, delle comunità, dei popoli. Era l’idea di una diplomazia popolare capace di interferire nelle crisi contro l’impaccio o le fratture delle diplomazie degli stati. Il tentativo di impedire a ristrette leadership di trascinare le masse nella logica di guerra, di discriminazione, di razzismo. Lo abbiamo fatto seguendo l’insegnamento di Hannah Arendt, di Capitini, di Francesco, della Resistenza antifascista. 

L’idea di creare un dubbio, un ostacolo alla violenza e alla guerra attraverso la diffusione di una cultura di pace, di una pratica di educazione alla pace e alla cittadinanza responsabile e partecipata, di sollecitare una coscienza critica e nonviolenta di grandi masse anche in condizione estreme. E tutto questo non solo come atto di testimonianza. 

Abbiamo cercato di praticare un pacifismo politico, consapevole delle situazioni di crisi, dello scenario internazionale, della necessità di costruire vaste alleanze per la pace. Non era solo utopia o ingenuo dogmatismo nonviolento e tantomeno un atteggiamento inconsapevole e servile nei confronti del nemico (che è sempre stata l’accusa dei benpensanti nei nostri confronti), tanto che, dopo 40 anni possiamo dirlo, ci siamo quasi sempre trovati dalla parte giusta della storia, certamente anche con errori e debolezze che però non inficiano la realtà di questa valutazione storica. 

Solo per fare un esempio, eclatante alla luce della realtà odierna, gli accordi di Oslo che vennero firmati nel 93 tra Rabin e Arafat non ressero molto al clima pericoloso di quegli anni 90. La catena di errori politici e strategici di tutti i protagonisti condusse nel 2000 al fallimento il vertice di Camp David tra Barak e Arafat, ospiti di Bill Clinton. Questo dette il colpo finale al percorso di pace avviato da israeliani e palestinesi scoperchiando il vaso di pandora invocato dalla destra israeliana e da tutti i conservatori ed estremisti arabi. Senza una politica che consolidasse gli accordi di pace raggiunti, che creasse equilibrio e giustizia tra i due popoli, senza una politica di sviluppo comune di quei territori, il percorso di pace era destinato al fallimento. 

Così accadde e questo immise un veleno profondissimo nella storia del Medio Oriente e del mondo, di cui abbiamo vissuto gli effetti devastanti per tutto l’inizio del nuovo secolo sino ad oggi.

Inizio di secolo infernale

E non possiamo tacere il danno terribile prodotto alla storia di inizio secolo dalla seconda guerra del Golfo, motivata da false accuse, ormai accertate, presentate al Consiglio di Sicurezza e all’Assemblea dell’ONU. Motivata da interessi ristretti di gruppi e caste interessate alle risorse irakene e al business della ricostruzione. Dopo la strage terroristica delle Torri Gemelle di New York l’11 settembre 2001 e dopo l’avvio della guerra in Afghanistan non c’era altro modo di gestire il problema Saddam, pur spinoso e pericoloso? Hanno prevalso l’accordo di Bush Junior con tutti i feudatari dell’area e la spinta dei contractors americani. L’azzardo dell’accordo delle Azzorre tra il Presidente Americano, Aznar e Blair ha precipitato il mondo in un evento senza precedenti. Di fronte a un dittatore sanguinario come Saddam, sulla base di accuse false, si è formata una coalizione  senza mandato dell’ONU allo scopo di rovesciare Saddam, ciò che ha creato un vulnus profondo al diritto internazionale e alla credibilità dell’ONU ed una ulteriore destabilizzazione in un’area già carica di conflitti pluridecennali, destinata dagli eventi a diventare terreno di conflitto tra potenze regionali, tra estremismi religiosi e più in generale brodo di coltura della tremenda stagione del terrorismo internazionale, da Al Qaida allo Stato Islamico. Io penso che i milioni di persone che scesero in piazza in quei mesi del 2003, tra cui noi, per dire no alla guerra furono dalla parte della ragione e non del torto, furono persone responsabili e più lucide di tanti governanti dell’epoca. 

E’ stato un inizio di secolo terribile, una premessa e una promessa di un periodo difficile, drammatico che è arrivato ad oggi quasi senza soluzione di continuità.

Ora dobbiamo guardare agli anni ‘90 anche da un altro punto di vista, che si pone nel decennio al di sopra e certamente anche dentro le dinamiche di crisi a livello globale e dei teatri regionali. Gli anni 90 sono il decennio in cui prende avvio e inarrestabile accelerazione la “Globalizzazione”, supportata dalla straordinaria rivoluzione tecnologica che prendeva corpo in ogni campo e di cui la Presidenza Clinton ha rappresentato la prima vera cornice politica. Massimo D’Alema ebbe a dire in un Congresso dei Democratici di Sinistra “… la globalizzazione è come l’aria che respiriamo ..” per indicare un fenomeno economico e tecnologico ineluttabile e pervasivo che in pochi anni ha trasformato il mercato e la finanza, gli equilibri internazionali, il lavoro e la vita delle persone in tutto il mondo sull’onda della rivoluzione tecnologica. La prima connessione ad internet avviene nel 1969. L’Italia si connette ad internet nell’86. Negli anni 90 la rete è lo sfondo che sorregge l’affermarsi della globalizzazione in tutti i suoi aspetti.

Un’altro mondo è possibile

Gli anni 80 e 90 erano stati attraversati da grandi movimenti pacifisti, ecologisti e femministi. Nel ‘99 a Seattle negli USA, durante una conferenza dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio (WTO), scoppia la prima protesta No Global. Un complesso ed eterogeno insieme di organizzazioni (ONG) e movimenti fa emergere una critica radicale alla globalizzazione, o meglio, alla globalizzazione neoliberista così come era stata costruita. Vengono denunciati gli squilibri e le contraddizioni che la globalizzazione stava producendo: una ancora più marcata marginalizzazione delle aree povere, danni ambientali, sfruttamento del lavoro minorile, nuove diffuse situazioni di guerra, il prevalere del potere della finanza sull’autonomia di stati e governi, lo strapotere delle multinazionali nei confronti delle legittime istituzioni e dei governi, ecc … Quel movimento chiedeva una modifica radicale della cultura dominante ponendo al centro i diritti delle persone, dei lavoratori, dei popoli, dell’ambiente.

Nel 1997 avevo lasciato il ruolo di Presidente dell’Arci che era stato assunto da Tom Benetollo e io ero rimasto Presidente del Consiglio Nazionale dell’Associazione. A primavera del 1998 venne a trovarmi, presentato da Donato Di Santo che poi diventerà Sottosegretario agli esteri nel governo Prodi, un dirigente del PT Brasiliano (Partito dei Lavoratori) che voleva conoscere l’associazionismo italiano e quello che chiamavamo il terzo settore. Cezar Alvarez era un Assessore del Comune di Porto Alegre e uno stretto collaboratore di Lula nel suo staff elettorale. 

In Brasile e in America Latina dopo gli anni bui delle dittature sanguinarie stava iniziando dalle città e dalla società civile una rivoluzione democratica che poi porterà Lula a diventare Presidente della Repubblica del Brasile, e che genererà una sorta di rinascimento democratico in tutta l’America Latina. Alvarez rimase impressionato dalla ricchezza e profondità del tessuto democratico italiano, prima di ripartire cominciò ad insistere che io dovessi andare in Brasile per raccontare la realtà italiana, il terzo settore, il modello Arci, il modello di governo locale. L’insistenza fu tale che a novembre mi ritrovai a Porto Alegre e poi a Sao Paulo. E’ tramite lui, un altro dirigente del PT Vicente Trevas e il Sindaco di Porto Alegre Tarso Genro che entrai successivamente nel percorso di costruzione del Forum Sociale Mondiale (FSM). 

In questo percorso incontrai Candido Grzybowski, uno dei leader  del FSM, Direttore di IBASE una tra le più importanti ONG di Rio de Janeiro e del Brasile, la sua collega di IBASE Moema Miranda, che sarà una delle maggiori animatrici del Forum e Cico Witaker uno dei Fondatori del FSM espressione della Caritas Brasiliana. Il FSM era l’incontro annuale dei moventi, organizzazioni, sindacati, esponenti politici, intellettuali, artisti per una globalizzazione alternativa, un potente momento di aggregazione che si svolgeva nelle stesse date del Forum Economico Mondiale di Davos, in Svizzera, un famoso appuntamento annuale dei leader della finanza, dell’economia e della politica mondiale, appunto per evidenziare il carattere alternativo dei 2 appuntamenti.

Insieme a Tom e a Raffaella Bolini, che poi avrà un ruolo centrale nella presenza dell’Italia nel FSM, portammo l’Arci e una parte rilevante dell’associazionismo italiano, di Enti locali e di esponenti politici e della cultura italiana dentro questo processo, sin dalla prima edizione a Porto Alegre nel gennaio 2001. Il manifesto di convocazione del primo FSM si intitolava “Un altro modo è possibile” e quello slogan rappresentò un punto di rottura, di presa di coscienza e di unificazione di una sterminata rete planetaria di mobilitazioni, di promozione dell’idea di un cambiamento possibile e necessario, verso una globalizzazione alternativa. 

Le contestazioni e gli scontri in occasione degli incontri degli organismi internazionali erano frequenti in quegli anni dopo Seattle. E ovviamente prendevano la scena frange estremistiche no global (i black block, un insieme di provocatori) che contrastavano del tutto con la natura pacifica, ma carica di radicalità di quei movimenti. Così, in occasione della riunione del G8 (20/22 luglio) di Genova, una grande manifestazione popolare ispirata al movimento per una globalizzazione alternativa, per effetto delle violenze dei black block e dei comportamenti incredibilmente violenti della polizia (che poi vennero inquisiti e condannati in sede giudiziaria) si concluse con un morto, centinaia di feriti e la devastazione di intere strade della città.

Dopo la seconda edizione, che si tenne sempre a Porto Alegre, nel gennaio 2002 accettammo la sfida di organizzare a Firenze, nel successivo novembre, il Forum Sociale Europeo, un’impresa complicata e molto difficile in quelle condizioni. Dovemmo fronteggiare una campagna battente di tanta parte dei media e della politica che ci accusava di antiamericanismo, di collusione oggettiva col terrorismo (era l’anno successivo all’11 settembre), di estremismo radicale fuori dal tempo. Ricordo che in quei giorni scrissi che in realtà gente come me, Tom, e tanti altri esponenti del FSM e dei movimenti che vi facevano capo era cresciuta intrisa della cultura americana, che nella musica, nella letteratura, nella formazione culturale più in generale era stata  a base della nostra educazione e che era evidente che oltre l’America degli establishment esisteva “un’altra America” che era nel nostro sangue dalla guerra di liberazione dal fascismo, agli anni 60 e 70 del 900. 

Non era l’America di Bush, di Wall Street, delle multinazionali affamate di sfruttamento, ma era l’America democratica cui  la storia e i destini d’Europa erano profondamente legati. Ma pur tra mille difficoltà e rischi il Forum Sociale Europeo del 2002 si svolse con pieno successo, pacificamente e si concluse con una gigantesca manifestazione popolare cui parteciparono oltre 150.000 persone, con tantissime organizzazioni di ogni genere e tantissimi Sindaci presenti col proprio gonfalone. Anche quella fu una tappa importantissima che arricchì il patrimonio culturale e democratico del nostro paese, che introdusse germi di cambiamento significativo nel pensiero democratico e riformatore del nostro paese, un momento che dette voce alle istanze di una nuova generazione.

Voglio ricordare, infine, un altro evento e il suo percorso di preparazione: Il Forum Sociale Mondiale di Mumbai, in India (16/21 gennaio 2004). Quell’edizione fu preparata in Italia a Perugia e all’Isola Polvese del Lago Trasimeno. L’Umbria, come si è visto anche da questa cronaca, è stata per più di venti anni un punto di incontro di questi movimenti, uno dei nodi importanti della rete internazionale che questi movimenti ha generato e sostenuto. Il Consiglio Internazionale del FSM decise nell’autunno 2003 di riunirsi in Italia e noi decidemmo di portarlo a Perugia. Con la collaborazione della Regione Umbria e della Provincia di Perugia avemmo a disposizione alcune sale del capoluogo e la Villa Polvese nell’isola più grande del lago Trasimeno. La discussione sulla location del FSM 2004 fu difficile, si trattava di portare per la prima volta il Forum fuori da Porto Alegre e dal Brasile, la candidatura che si propose con maggior forza era Mumbai in India, ma non c’era unanimità. Il passaggio in India, come fu poi in Africa, rappresentava un salto nel buio dal punto di vista organizzativo e nel contempo una straordinaria opportunità evocativa per dare voce al sud profondo della terra, alla povertà in carne ed ossa, alla realtà degli squilibri drammatici del pianeta, alla ricchezza del multiculturalismo, alle istanze di sviluppo dei grandi continenti della povertà. Io, Tom, Raffaella e gli italiani ci battemmo per la soluzione Mumbai, che alla fine passò.

Come scrisse Folco Quilici in uno dei suoi grandi libri, l’India ci si presentò con l’incredibile “contemporaneità” delle condizioni più primordiali, delle caste, delle metropoli inquinate e segnate da sacche di povertà indicibili, fianco a fianco, anche fisicamente, con le espressioni di uno sviluppo avanzato, delle tecnologie, dei commerci, di Bollywood … Ricordo il grande successo di quella edizione del FSM, l’esperienza incredibile di quelle discussioni, l’incontro con le lotte dei diritti dei contadini, dei minori, delle donne. Ricordo i colori, la creatività, lo straordinario mix di umanità diverse che dette vita alla grande manifestazione che si snodò per le strade di Mumbai. Un’esperienza non certo esotica, anzi, realissima, che da sola motivava la sfida del Forum Sociale Mondiale.

Senza Tom, probabilmente, non avrei fatto questo percorso che sto raccontando.  Prima di concludere devo però dar conto di quello che abbiamo fatto insieme all’ Arci, nel mondo associativo e nella sinistra italiana, che è stato molto altro rispetto a  quanto descritto sin qui, ma strettamente connesso culturalmente e politicamente a questo percorso di iniziativa internazionale.

Arci, sempre

Come si è detto, nel settembre dell’89 il tessuto Arci era in pieno sussulto, sul piano inclinato di un possibile sfaldamento. Dal suo corpo e dalle sue scommesse erano nate e poi si erano consolidate soggettività associative importanti, cito per tutte Legambiente. Altri settori associativi avevano imboccato percorsi di forte autonomia anche sospinti da situazioni e scelte innovative, si pensi all’ingresso nell’area CONI della UISP in virtù della intuizione dello “Sport per Tutti” come spazio strategico di crescita dell’associazionismo sportivo. Questo aveva creato una reazione difensiva dell’associazionismo ricreativo e culturale più tradizionale, quello delle gloriose Case del Popolo, dei circuiti culturali e artistici alternativi che avevano segnato in modo non secondario la storia degli anni 70. L’idea della Confederazione Arci, un cervello senza tessere, non avrebbe retto alla lunga senza riempire di contenuti questa identità unitaria. Per questo con Tom e Nuccio Iovene scegliemmo dall’inizio di cercare quello spazio valoriale e di azione associativa che poteva essere comune a tutto il popolo Arci. Da questo nasce l’impegno per la pace, i diritti, la nuova rappresentanza sociale che portammo avanti con determinazione in quegli anni, trovando anche un dialogo e una condivisione unitaria con tanta parte dell’associazionismo italiano, dalle Acli di Bianchi e Passuello, alla Cooperative Sociali di Scalvini, dalle Pubbliche Assistenze di Petrucci, al Volontariato cattolico di Tavazza e all’Agesci (gli Scout) di Patriarca.

Il II°Congresso della Confederazione Arci che tenemmo nel 92 al teatro Don Orione di Roma fu un passaggio essenziale nella vita dell’Arci, il patto Associativo della Confederazione Arci si consolidò, si registrò un’unanime convergenza sull’impegno per la pace e i diritti, sulla richiesta di ampliare lo spazio della rappresentanza e si aprì una nuova partita: la solidarietà, che sin lì sembrava delegata alla cultura cattolica. Il ragionamento fu semplice, la lotta per i diritti, per la pace e la solidarietà, non può essere solo testimonianza dei principi e dei valori. 

L’associazionismo che vive nelle città, nei quartieri, nei territori o nei conflitti a livello internazionale deve toccare con mano la sfida delle povertà e dell’emarginazione. Quindi da un lato rilanciammo l’attività della nostra ong di cooperazione internazionale, l’ARCS, ma soprattutto lanciammo Arcisolidarietà una sfida che aprì, non senza contrasti, un campo del tutto nuovo di attività dell’associazionismo Arci che ci mise a contatto e in competizione positiva con l’Associazionismo Cattolico. Questa sfida ci porterà nel 1994 ad essere promotori insieme a tutto il tessuto associativo, del volontariato e delle cooperative sociali, della grande e innovativa manifestazione “La solidarietà non è un lusso” contro i tagli lineari alla spesa sociale e l’attacco al Welfare portato dal governo Berlusconi e dal Ministro Tremonti. Fummo promotori della Costituzione del Forum Permanente del Terzo Settore, un’azione che si richiamava all’articolo 3 della Costituzione Repubblicana e apriva una riflessione sul Welfare e sul ruolo del Terzo Settore. 

Un cammino che poi sfocerà nel 2000 nella fondamentale legge Turco 328 sulla riforma dei servizi sociali, con una lettura del tutto nuova del Welfare italiano e del ruolo del Terzo Settore. Questo cammino, percorso passo a passo con Tom Benetollo e con Nuccio Iovene (che fu il primo Coordinatore del Forum e poi il primo Segretario Generale) completava il processo di ricostruzione politica del tessuto Arci che nel frattempo trovava il suo assetto definitivo costituendo l’Arci Nuova Associazione costruita riassorbendo parte dell’Associazionismo Confederale e stabilendo lo statuto della nuova Federazione Arci.

In quel 1992, dopo il congresso del Don Orione il 23 maggio venne assassinato dalla mafia Giovanni Falcone e da lì parti uno straordinario impegno dell’Arci nella lotta contro la mafia che durò anni in Sicilia, sotto l’impulso instancabile dei dirigenti siciliani dell’associazione  Giovanni Ferro e Alfio Foti, che dette nuova identità all’Arci in Sicilia e in tutto il mezzogiorno. Di tutto questo furono testimonianza la stagione delle Carovane Antimafia in tutta l’isola, la marcia antimafia da Reggio Calabria ad Archi, la Marcia Perugia-Assisi “Liberi dalla Mafia, dalla corruzione e dalla violenza”. Abbiamo dato con coraggio un contributo molto importante in quegli anni alla cultura antimafia, alla mobilitazione civile, all’educazione di un’intera generazione, alla crescita di tutto l’associazionismo nel mezzogiorno.

Erano quelli gli anni in cui esplose anche Tangentopoli, in cui si rese sempre più evidente la distanza che stava maturando tra politica e cittadini e l’esigenza di una profonda riforma della politica. Una vicenda che terremotò il sistema politico italiano e per parte nostra, con Tom e Nuccio, ci impegnammo ad affrontare, sulla base della nostra esperienza, il travaglio interno alla sinistra italiana. Ci impegnammo a sostenere la svolta della Bolognina di Achille Occhetto, il passaggio dal PCI al Partito dei  Democratici di Sinistra (PDS) e a sollecitare una riforma della rappresentanza che aprisse nuovi spazi all’espressione della cittadinanza, della partecipazione, della lotta per i diritti. Lanciammo con Franco Passuello delle Acli, Beppe Lumia del volontariato cattolico, ed altri “la Costituente della Strada per la riforma della Politica” aprendo una questione che solo oggi viene ripresa da Elly Schlein e che è stata solo confusamente affrontata dai 5 Stelle. Il punto era ed è che da un lato la crisi della politica tradizionale (peraltro già denunciata da Berlinguer con la “questione morale”) e le trasformazioni sociali imponevano una forte innovazione di cultura politica, la visione di uno spazio pubblico più ampio, capace di maturare nuovi processi di partecipazione, nuove lotte per i diritti, nuova rappresentanza sociale  e quindi anche una nuova selezione dei soggetti e della rappresentanza politica. E’ in questa direzione che noi portammo a conclusione il superamento della bipartizione socialisti/comunisti nella governance dell’Arci, che pur aveva avuto ed aveva dirigenti socialisti di tutto rilievo, come Mimmo Pinto, Antonio Guidi e tanti altri (tra cui il mio amico fraterno Francesco Scalco), rendendo l’Associazione pienamente autonoma e svincolata da qualsiasi obbligo di sudditanza, ma con l’obbligo morale e politico di essere un motore della sinistra, della sua innovazione culturale e della sua unità.

Come si può vedere da questa, ormai lunga ricostruzione, sottoponemmo l’Arci negli 8 anni in cui fui Presidente Nazionale a molti strappi, certamente salutari e assolutamente necessari a vivere quei tempi da protagonisti e non da comparse. Fu un percorso difficile e non idilliaco. 

Fuori dell’Associazione nella convivenza con le tensioni interne ai partiti della sinistra, sempre sull’orlo della scomunica o dello scisma o della blandizie priva di condivisione e di contenuti. Con i sindacati e prima di tutto con la CGIL. Ricordo sempre quando un mio amico e maestro, di cui ho sempre avuto grande stima, come Gianmario Cazzaniga, allora della CGIL Università, al termine di una riunione e a commento del documento/manifesto col quale stavamo costruendo il Forum del Terzo Settore mi disse: “ma voi volete fare concorrenza al sindacato”. Questa idea si rivelò molto radicata, vi fu una difficoltà nel sindacato a convivere con i nuovi percorsi di partecipazione, di rappresentanza e con una nuova visione del welfare e del lavoro sociale. Per non parlare del Movimento Cooperativo. La lega delle Cooperative poco dopo che divenni Presidente dell’Arci tenne un congresso nazionale il cui titolo era “Dal mutualismo all’impresa”, un tema che aveva le sue importanti ragioni, ma la cui coniugazione operativa spostava la Lega e la cultura del cooperativismo lontano dalla lettura della crisi sociale nella quale eravamo entrati. Poi vennero le cooperative sociali e lentamente il panorama cambiò. 

Dentro l’Associazione quegli strappi furono assorbiti nel successo costante dell’azione che andavamo conducendo, con l’arrivo di energie nuove in tante parti del paese, ma lasciarono delle scorie nel gruppo dirigente nazionale e territoriale di cui necessariamente dovetti farmi carico. Tom aveva un rapporto più morbido col gruppo dirigente Arci. Avemmo anche qualche diversità di vedute su questo, ma il patrimonio politico e associativo che avevamo accumulato era troppo importante per esporre l’Associazione a conflitti inutili e non veritieri. Tom era diventato, come sempre era stato, un grande personaggio popolare, di grande empatia e con grandi capacità di mediazione. Per questo allo scadere del mio secondo mandato da Presidente nel 1997, annunciai al Consiglio Nazionale la mia non ricandidatura e sostenni la candidatura di Tom al Congresso che lo elesse Presidente. Tom fu un grande Presidente, diventò un mito per l’Arci, fino a quel 20 giugno maledetto di venti anni fa.

Era il giorno fissato per il matrimonio a Perugia del nostro comune amico Wladimiro Boccali (Presidente dell’Arci locale che poi sarà anche Sindaco di Perugia). Il giorno prima Raffaella Bolini mi aveva fatto una comunicazione drammatica: Tom si era sentito male e stava subendo un difficile intervento chirurgico. Poi arrivò la notizia della sua morte. Ricordo che la mattina del 20 giugno 2004 all’alba ero seduto davanti a lui disteso sul marmo dell’obitorio. Scrivo questo solo perché in quelle 2 ore che stetti seduto in silenzio davanti a lui ripercorsi tutto quello che ho scritto sin qui, ogni dettaglio, ogni emozione. Una vita vissuta insieme, una vita utile, momenti esaltanti che hanno valso la pena di essere vissuti e che hanno lasciato tanti segni significativi nel tempo che ne è stato il teatro. Un’amicizia enorme, nella consapevolezza, ancora oggi, di essere stati dalla parte giusta della storia.

Come si dice in questi casi .. ci siamo lasciati sul più bello! … sarebbero arrivati altri 20 anni difficili e intensi, tantissime volte mi sono chiesto come avremmo affrontato con Tom i tanti avvenimenti che si sono susseguiti … forse ci saremmo divisi, visto che è stato lo sport più in voga in questi anni, o forse no e ci saremmo trovati insieme in nuove avventure … di sicuro avremmo discusso insieme molto e di tutto e avremmo coltivato ancora la nostra amicizia.

E’ in omaggio a Tom, a questa nostra impossibile discussione che tanto mi manca, che voglio rivolgere una riflessione a tutti coloro che oggi si impegnano nella lotta per la pace. Viviamo un momento difficilissimo, collocati sull’orizzonte mobile di un possibile conflitto globale, in parte già in atto, con la democrazia in seria difficoltà e attaccata duramente dall’interno e dall’esterno, da regimi autoritari o da fanatici dell’autoritarismo, oltre che dai suoi errori. L’urgenza di una globalizzazione alternativa è sempre più pressante, ma diventa sempre più chiaro che nello scenario internazionale che confusamente e drammaticamente si sta delineando se l’Europa non riuscirà ad essere protagonista, a recuperare e utilizzare la sua forza, la sua civiltà la sua libertà e il suo pensiero responsabile, sarà difficile ricostruire un equilibrio internazionale positivo e sostenibile. Le riflessioni che Draghi ha proposto in questi giorni alla Commissione e al Parlamento Europeo sono una cosa seria, per il nostro futuro, per il nostro stile di vita e per la nostra libertà, per la sicurezza dell’Europa e del mondo, per permettere che in tutto il mondo si possa ancora combattere una lotta per i diritti della persona e per la pace.

Sono convinto oggi come ieri che la testimonianza di pace, l’impegno contro le guerre, contro il mercato delle armi, contro il militarismo, per i diritti umani, siano una risorsa per la democrazia. Mi domando però se oggi, di fronte a tante emergenze, non sia necessario spingersi più avanti, dare una chance in più a queste lotte. Mi domando se la difesa dell’Unione Europea, del suo progetto e del suo ruolo di pace non sia l’urgenza per cui batterci qui ed ora. Certo, per respingere la destra antidemocratica, per cambiare l’Europa, per liberarla dai suoi pesi burocratici e tecnocratici, dalle sue subalternità alla vecchia globalizzazione, che peraltro ci vede perdenti, ma anche per difendere i suoi confini, per difendere l’Ucraina dall’attacco russo, per affermare un diverso ruolo dell’Europa nel Mediterraneo, per elaborare un progetto di società che valorizzi l’accoglienza come risorsa, per conquistare nuove posizioni nel mercato, nelle tecnologie, nella lotta ai mutamenti climatici, per difendere uno stile di vita libero, democratico e responsabile da proporre al mondo. Mi domando se questo non è un impegno fondamentale per la pace oggi in Europa e nel mondo. Mi piacerebbe immaginare un nuovo Forum Sociale Europeo che tornasse a discutere di questi temi essenziali e della responsabilità che portiamo verso il mondo oltre che verso il nostro destino. Scusate la nostalgia, ma sento l’urgenza di grandi movimenti che possano mobilitarsi per le sfide decisive che abbiamo di fronte.

Approfondimenti dall'archivio

Datatable - Inizio
Documenti
In cammino per la pace | Aldo Capitini | Brano tratto da "In Cammino per la pace" in cui Aldo Capitini racconta la prima Marcia per la pace Perugia-Assisi | 24-09-1961 | Parole chiave: Aldo Capitini, Perugia-Assisi, nonviolenza
Contro la guerra con tutti i mezzi, soprattutto a piedi | Mario Pianta | Intervista di Mario Pianta a Tom Benetollo, pubblicata da il manifesto | 03-09-1981 | Parole chiave: Disarmo, Disarmo Nucleare, Euromissili, Perugia-Assisi, Tom Benetollo
Lettera aperta a chi ci governa | Giacomo Cagnes | Lettera pubblicata in "No ai missili, no alla guerra. Documenti sulla manifestazione No ai missili a Comiso dell'11.10.1981" | 11-10-1981 | Parole chiave: Comiso, Disarmo Nucleare, Euromissili
Mobilitarsi contro il riarmo | Cgil, Cisl, Uil | Appello Federazione Regionale Siciliana di Cgil, Cisl e Uil diffuso in volantino | 07-11-1981 | Parole chiave: Comiso, Disarmo Nucleare, Euromissili
La pace in movimento | Paolo Gentiloni | La nascita del Movimento per la pace: come si struttura, chi sono i protagonisti, obiettivi e difficoltà | 01-12-1981 | Parole chiave: disarmo nucleare, missili, comiso, nato, sicilia, base nato, movimento per la pace, albino bizzotto, ghedi
La lotta per la pace | Pio La Torre | Dalla Relazione al IX Congresso dei Comunisti siciliani, Palermo, 14 gennaio 1982 | 14-01-1982 | Parole chiave: Comiso, Disarmo Nucleare, Euromissili
Il superamento dei blocchi potrà sconfiggere la logica del riarmo | Comitati per la pace | Documento approvato nell'assemblea nazionale svoltasi a Comiso tra il 6 e il 7 marzo 1982 | 07-03-1982 | Parole chiave: Comiso, Disarmo Nucleare, Euromissili
Da Comiso un grido di speranza | Coordinamento nazionale dei comitati per la pace | Testo dell'appello approvato nel corso della manifestazione nazionale di Comiso del 4.4.1982 | 18-04-1982 | Parole chiave: Comiso, Disarmo Nucleare, Euromissili
La pace per noi cristiani | Salvatore Pappalardo | Testo dell'omelia del Cardinale Pappalardo durante la "Festa per la Pace" delle Acli | 04-07-1982 | Parole chiave: Comiso, Disarmo Nucleare, Euromissili
Appello al movimento pacifista italiano e internazionale | Campo per la pace di Comiso | Documento approvato a Comiso | 03-08-1982 | Parole chiave: Comiso, Disarmo Nucleare, Euromissili, disobbedienza civile
C'era una volta la Ragnatela | Agata Ruscica | | 07-08-1982 | Parole chiave: Comiso, La Ragnatela
Da oggi a Natale, da Milano a Comiso, il no alla guerra | Diego Landi | Inizio della lunga marcia contro gli euromissili, da Milano al meridione. Articolo pubblicato su L'Unità | 27-11-1982 | Parole chiave: Comiso, manifestazioni
Dialogare un urgenza per il nostro tempo | Luigi Bettazzi, Dante Bertini | Testo di presentazione della quindicesima Marcia della pace di fine anno, patrocinata dalla Cei | 28-11-1982 | Parole chiave: Comiso, Disarmo Nucleare, Euromissili, Manifestazione
Manifesto di Erice | Antonio Zichichi | Documento stilato nell'agosto 1982 in "Segno" | 12-01-1983 | Parole chiave: Comiso, Disarmo Nucleare, Euromissili
E ora Comiso | Redazionale | Prima pagina di Rinascita dedicata al movimento mondiale contro gli euromissili | 08-04-1983 | Parole chiave: Comiso, Disarmo Nucleare, Euromissili
Proposte per un referendum autogestito sull'installazione dei missili a Comiso | Comitato 24 ottobre per la pace contro la guerra | Nota informativa su tutta la logistica legata alla realizzazione del referendum autogestito | 12-04-1983 | Parole chiave: Base Nato, Missili, Comiso
Vittoria, territorio denuclearizzato | Comune di Vittoria | Dichiarazione del Consiglio Comunale di Vittoria | 30-04-1983 | Parole chiave: Comiso, Disarmo Nucleare, Euromissili
Votate e fate votare | Giuliana Sgrena | Articolo sul n.27 di Pace e Guerra sull'apertura dei 5 mesi di Referendum autogestito sulla base missilistica di Comiso | 02-06-1983 | Parole chiave: Comiso, Referendum autogestito
Cartoline da Comiso | aavv | Cartoline simboliche da inviare alle istituzioni per fare pressione politica contro l'installazione della Base di Nato a Comiso | 18-07-1983 | Parole chiave: Base Nato, Comiso, Euromissili
Guida alle azioni dirette nonviolente. I blocchi alla base di Comiso | Gruppo Affinità | Guida dettagliata, dattiloscritta, alle azioni dirette nonviolente contro gli armamenti e la militarizzazione | 07-08-1983 | Parole chiave: Comiso, Euromissili, disobbedienza civile
Dossier Comiso 8 agosto | I.M.A.C. (International Meeting Against Cruise) | Le azioni di blocco del 6, 7 e 8 agosto 1983, questo dossier nasce con lo scopo di informare sugli accadimenti, dando voce alle parole e alle immagini di chi era presente | 08-08-1983 | Parole chiave: Comiso, Disarmo Nucleare, Euromissili, disobbedienza civile
Chi sono i pacifisti europei | Tom Benetollo | Articolo pubblicato sul n.32 di Rinascita. | 12-08-1983 | Parole chiave: Comiso, Disarmo Nucleare, Tom Benetollo
Se ti picchiano non reagire | Giuliana Sgrena | Azione diretta nonviolenta di trecento pacifisti a Comiso raccontata da Giuliana Sgrena | 21-08-1983 | Parole chiave: Base Nato, Comiso, Euromissili
Appello del Coordinamento nazionale dei Comitati per la Pace | Coordinamento nazionale dei Comitati per la Pace | Appello in vista della manifestazione del 22 ottobre 1983 | 10-09-1983 | Parole chiave: Comiso, Manifestazione, antimilitarismo, Riarmo
Fine ottobre pacifista in tutto il mondo | Giuliana Sgrena | Calendario delle iniziative italiane e internazionali, per la pace e contro gli euromissili. | 22-09-1983 | Parole chiave: Comiso
Scheda referendum autogestito | . | Scheda fac-simile originaleReferendum autogestito sull’installazione dei missili a Comiso | 01-10-1983 | Parole chiave: Comiso, Missili, Referendum autogestito
Intervento di Ettore Masina | Ettore Masina | Resoconto stenografico dell'intervento Ettore Masina alla Camera, il 7-10-1983, su Comiso | 07-10-1983 | Parole chiave: Comiso, Disarmo Nucleare, Euromissili
Una giornata di pace | redazionale | La mappa del corteo sulla prima pagina dell'inserto su Roma di Repubblica. | 22-10-1983 | Parole chiave: Comiso, Euromissili
Ecco la galassia del pacifismo | Domenico del Rio, Mino Fuccillo | Cronaca dal "quartier generale" degli organizzatori della Marcia. Pagina intera di Repubblica | 22-10-1983 | Parole chiave: Base Nato, Comiso, Disarmo Nucleare, Euromissili
Indizione di un referendum popolare sulla installazione a Comiso o su altre parti del territorio nazionale di missili a testata nucleare | La Valle, Ossicini, Alberti, Anderlini, Cavazzuti, De Filippo, Agnoletti, Fiori, Gozzini, Loprieno, Milani, Napoleoni, Basaglia, Pasquino, Pingitore, Pintus, Ulianich | Disegno di legge AS262 1983 | 22-10-1983 | Parole chiave: Comiso, Disarmo Nucleare, Euromissili
Una nuova terribile spirale della corsa agli armamenti | Enrico Berlinguer | Testo della relazione tenuta da Enrico Berlinguer al Comitato Centrale del PCI del 25 novembre 1983 | 25-11-1983 | Parole chiave: Comiso, Disarmo Nucleare, Euromissili
Riarmo, sovranità, democrazia | Pietro Ingrao | Lungo articolo di Pietro Ingrao a partire dall'articolo11 della Costituzione. Pubblicato nel numero 48 di Rinascita | 09-12-1983 | Parole chiave: Comiso, Euromissili, Costituzione
Il gruppo 10 marzo, oltre gli schemi, oltre i confini | Elisabetta Addis, Nicoletta Tiliacos | Nascita, storia ed evoluzione del gruppo 10 Marzo | 10-03-1984 | Parole chiave: Comiso, femminismo, greenham common, La Ragnatela
Già in tre milioni dicono "NO" ai missili | Gianni Marsili | Primo bilancio del Referendum Autogestito sull'Installazione dei missili a Comiso. Articolo pubblicato su l'Unità. | 16-03-1984 | Parole chiave: Base Nato, Comiso, Missili, Nato
I missili nucleari hanno reso vana l'idea di popolo sovrano | Gianni Marsili | Articolo su l'Unita. In assemblea ad Ariccia circa 600 comitati per la pace da tutta Italia. | 24-03-1984 | Parole chiave: Comiso, Convenzione End, Disarmo Nucleare, Euromissili, Referendum autogestito
Intervento di Raniero La Valle | Raniero La Valle | Resoconto stenografico della seduta del 11.04.1984 | 11-04-1984 | Parole chiave: Comiso, Disarmo Nucleare, Euromissili
Agosto pacifista si torna a Comiso | Antonio Mazzeo | Azioni dirette nonviolente nei giorni caldi tra il 6 e il 9 agosto del 1984. Articolo su il Manifesto | 15-07-1984 | Parole chiave: Comiso, Disarmo Nucleare, Euromissili
Norme per l istituzione del Referendum popolare in merito alla permanenza, passaggio, e produzione di armi nucleari, batteriologiche e chimiche sul territorio nazionale e sulla presenza di basi militari di Forze armate straniere sul territorio della Repubblica | . | Proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare | 12-09-1984 | Parole chiave: Base Nato, Comiso, La Maddalena, Missili, Nato, San Damiano
Concorso internazionale per la conversione della base miliatre di Comiso | La Valle e altri | Proposta di legge AC1717 1987 | 07-10-1987 | Parole chiave: Comiso, Euromissili, Riconversione
Campana di Pace. All'altezza della sfida | Flavio Lotti | Articolo pubblicato su Linus dopo il seminario di Assisi | 11-11-1987 | Parole chiave: Associazione per la Pace, Perugia-Assisi
Associazione per la Pace: la solidarietà cambia le cose | Associazione per la Pace | Volantino distribuito in occasione della marcia Perugia-Assisi 1988 | 02-10-1988 | Parole chiave: Associazione per la Pace, Perugia-Assisi
Le ragioni dell'impegno | Tom Benetollo | Sulla manifestazione dell'11.02.1989 per la Palestina e lancio di Time for Peace | 13-02-1989 | Parole chiave: Manifestazione, Palestina, Tom Benetollo
Il percorso di Time for Peace nel ricordo di una protagonista | Chiara Ingrao | Capitolo 2 del libro di Chiara Ingrao "Salaam Shalom. Diario da Gerusalemme, Baghdad e altri conflitti" Datanews, 1993 | 11-05-1989 | Parole chiave: Palestina, Time for Peace
Aiutiamo i ragazzi dell'Olivo | Giovanni De Mauro | Intervista a Tom Benetollo su l'Unità in cui si racconta l'idea di Arciragazzi e di Agesci | 12-05-1989 | Parole chiave: Aiuti umanitari, Palestina, Tom Benetollo
Dear Tzali | Tom Benetollo | Lettera dattiloscritta a firma di Tom Benetollo indirizzata a Tzaly, esponente di Peace Now per annunciare l'iniziativa di Time for Peace | 16-07-1989 | Parole chiave: Time for Peace, Tom Benetollo
Lettera di Tom per Time for Peace | Tom Benetollo | Lettera dattiloscritta a firma Tom Benetollo indirizzata alle associazioni e alle organizzazioni per varare il sostegno a Time for Peace | 29-07-1989 | Parole chiave: Gerusalemme, Palestina, Time for Peace, Tom Benetollo
Time for Peace: la piattaforma politica | aavv | Punti politici concordati con le associazioni israeliane e palestinesi | 06-11-1989 | Parole chiave: Palestina, Time for Peace
Time for Peace: chi siamo | aavv | Le organizzazioni promotrici italiane ed europee | 10-11-1989 | Parole chiave: Gerusalemme, Manifestazione, Palestina, Time for Peace
Le istituzioni e le organizzazioni palestinesi | aavv | Nome e descrizione delle organizzazioni palestinesi che hanno partecipato e sostenuto Time for Peace | 11-11-1989 | Parole chiave: Palestina, Time for Peace
Il movimento per la pace in Israele | aavv | Da Peace now alle Donne in nero, ma anche il Centro internazionale per la pace in Medio Oriente, Palestinesi e Israeliani per la nonviolenza, la Lega per i diritti umani e civili e tantissime realtà che hanno aderito e sostenuto Time for Peace | 13-11-1989 | Parole chiave: Gerusalemme, Palestina, Time for Peace
Gruppo Martin Buber | aavv | Due articoli sul Gruppo Martin Buber, ieri e oggi | 14-11-1989 | Parole chiave: Palestina, Time for Peace
Time for Peace Programma | aavv | Programma in sintesi | 25-12-1989 | Parole chiave: Palestina, Time for Peace
Come orientarsi nel labirinto. Il programma dettagliato giorno per giorno | aavv | Programma dettagliato e informazioni logistiche | 26-12-1989 | Parole chiave: Gerusalemme, Palestina, Time for Peace
Luoghi di pace, luoghi di conflitto | aavv | Calendario delle visite, dal numero monografico di Arcipelago dedicato a Time for Peace | 27-12-1989 | Parole chiave: Gerusalemme, Palestina, Time for Peace
Il nostro impegno per la pace | Chiara Ingrao | Intervento di Chiara Ingrao a una delle assemblee di apertura di “1990: Time for Peace”, Teatro Al Hakawati, Gerusalemme est | 28-12-1989 | Parole chiave: Gerusalemme, Palestina, Time for Peace
"Giuro che lo rifarei". Marisa rientra a Roma | Cristiana Torti | Delegazione in visita a Marisa Manno in ospedale | 04-01-1990 | Parole chiave: Time for Peace
Time for Peace bilancio di una sfida | Tom Benetollo, Chiara Ingrao | Resoconto, pubblicato da L'Unità, di "una vittoria per il movimento pacifista europeo" | 24-01-1990 | Parole chiave: Palestina, Time for Peace, Tom Benetollo
Un grande successo. Tante nuove scommesse | aavv | Resoconto da Time for Peace. Pubblicato su Arcipelago | 08-02-1990 | Parole chiave: Gerusalemme, Palestina, Time for Peace
Est-Ovest Europa | Tom Benetollo, Raffaella Bolini | Doppia pagina di Arcipelago con "In ottobre a Praga è Primavera" a firma Tom Benetollo e "...e a Budapest si prepara la discussione" di Raffaella Bolini | 09-04-1990 | Parole chiave: Tom Benetollo, Europa
Perchè sono contro la guerra | Pietro Ingrao | Dichiarazione di voto in dissenso dal proprio gruppo pronunciata alla Camera dei Deputati il 23 agosto 1990 | 23-08-1990 | Parole chiave: Guerra del Golfo, Iraq, Pietro Ingrao
Perugia-Assisi: la piattaforma | Comitato promotore umbro | Manifesto con gli obiettivi per cui "cammineranno i pacifisti di tutto il mondo. Pubblicato su "Arcipelago" | 02-09-1990 | Parole chiave: Perugia-Assisi
Perugia-Assisi la piattaforma con gli obiettivi per cui parteciperanno i pacifisti di tutto il mondo | Comitato promotore umbro | Manifesto con gli obiettivi per cui "cammineranno i pacifisti di tutto il mondo. Pubblicato su "Arcipelago" | 07-10-1990 | Parole chiave: Guerra del Golfo, Iraq, Manifestazione, Perugia-Assisi
Inner story | Tom Benetollo | Racconto di un'idea diventata realtà: la carovana della pace da Skopje a Sarajevo | 24-09-1991 | Parole chiave: Sarajevo, Tom Benetollo
Carovana europea di pace in Jugoslavia | Alex Langer | Rapporto al Parlamento Europeo sulla Carovana della Pace promossa dalla “Helsinki Citizens’ Assembly” (con segretariato a Praga) ed organizzata dall’ “Associazione per la pace” e dall’ARCI | 01-10-1991 | Parole chiave: Balcani
Donne in nero di Belgrado | Donne in nero | un atto di ribellione nonviolento contro la guerra | 09-10-1991 | Parole chiave: Balcani, Donne in nero
Donne in nero di Belgrado e Pacevo | Donne in nero | Testo dell'appello delle Donne in nero di Belgrado per fermare la mobilitazione illegale e anticostituzionale della leva dei riservisti in Serbia | 30-10-1991 | Parole chiave: Balcani, Donne in nero, Serbia
Assopace e Comitato cittadini bosniaci a Roma. Documento di trasporto | Neva Bernardi | Documento dell'Associazione per la pace che attesta la raccolta di 14.350 kg di aiuti umanitari grazie al Comitato Cittadini Bosniaci a Roma. | 22-01-1992 | Parole chiave: Balcani, Intervento umanitario, Aiuti umanitari
Italia nonviolenta IV congresso di Assopace | Giulio Marcon | Relazione di Giulio Marcon, la nonviolenza come trasformazione radicale e rivoluzionaria | 26-02-1992 | Parole chiave: Assopace, Balcani, Banca mondiale, Palestina
Tuzla Amica | Tuzla Amica | La storia di Tuzla Amica, un'organizzazione non governativa e senza scopo di lucro, che ha iniziato la sua attività nel 1992, è stata ufficialmente registrata nel 1996 nell'area del Cantone di Tuzla e dal 2004 è registrata presso il Ministero della Giustizia della Bosnia ed Erzegovina | 04-04-1992 | Parole chiave: Balcani, Donne
Contro la guerra nella ex Jugoslavia | Donne in nero di Roma | " Oggi gridiamo all’orrore dei visi senza speranza di migliaia di profughi". Appello delle Donne in nero per la fine della guerra in ex Jugoslavia | 28-05-1992 | Parole chiave: Balcani, Difesa nonviolenta, femminismo
Ex-Jugoslavia: cittadini di pace presentazione del Verona Forum | Alex Langer | Programma della Conferenza di pace dei cittadini dell’ex-Jugoslavia organizzata dal Comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nell’ex-Jugoslavia | 17-09-1992 | Parole chiave: Balcani
Forum per la pace e la riconciliazione nella ex Jugoslavia | Alex Langer | Conclusioni della Prima Arena di Verona, 17/20 settembre 1992 | 22-09-1992 | Parole chiave: Balcani, Alex Langer
La marcia dei pacifisti europei si ferma alle porte di Sarajevo | Vichi de Marchi | Articolo su l'Unità il giorno prima dell'ingresso a Sarajevo | 11-12-1992 | Parole chiave: Sarajevo
Il giorno in cui don Tonino Bello parlò a Sarajevo | Lucia Bellaspiga | Un racconto su don Tonino Bello e la marcia dei 500. A distanza di trent'anni. Reportage per Avvenire | 11-12-1992 | Parole chiave: Sarajevo, don Tonino Bello
Dentro il conflitto | Agostino Zanotti | Venti anni fa, con l'inizio della fine della Jugoslavia, nasce in Italia uno straordinario movimento di solidarietà fatto di convogli umanitari, ospitalità ai profughi e relazioni che continuano ancora oggi. La testimonianza di uno dei protagonisti di quella stagione, segnata dalla strage dei volontari italiani a Gornj Vakuf il 29 maggio 1993 | 30-05-1993 | Parole chiave: Balcani, Intervento umanitario
Sarajevo cuore d'Europa | aavv | Volantino di promozione dell'iniziativa di raccolta di aiuti umanitari per Sarajevo | 28-06-1993 | Parole chiave: Aiuti umanitari, Balcani, Sarajevo
Adottate la Pace | Roberta Giordano | "Adotta la pace" iniziativa promossa dall'Arci | 28-07-1993 | Parole chiave: Balcani, Intervento umanitario
Cronologia di Mir Sada | aavv | Giorno per giorno, l'esperienza di Mir Sada | 15-08-1993 | Parole chiave: Balcani, Mir Sada, Sarajevo
Lettera di Stasa | Stasa | Lettera di Stasa sul Movimento donne per la pace e sulle Donne in nero | 02-09-1993 | Parole chiave: Balcani, Sarajevo, donne, femminismo
C'è molto da fare: prima e dopo Mir Sada | Tom Benetollo | Riflessione, pubblicata su Azione nonviolenta, dopo l'interruzione della marcia di Mir Sada | 09-09-1993 | Parole chiave: Tom Benetollo
Ventiquattro chilometri di pace | Franco Arcuti | Racconto della marcia in cui parteciparono oltre 40000 persone per gridare NO alla guerra in Jugoslavia. Articolo pubblicato su l'Unità | 27-09-1993 | Parole chiave: Perugia-Assisi
Lettera su Moreno | Luigi Ceccato, Pierluigi Ontanetti, Luca Berti, Angelo Cavagno | Lettera in cui si ricostruisce l'uccisione di Moreno Locatelli | 03-10-1993 | Parole chiave: Aiuti umanitari, Moreno Locatelli, Sarajevo
Disarmiamo l inverno | Ics | Raccolta straordinaria di aiuti per la Bosnia-Erzegovina promossa dal Consorzio Italiano di Solidarietà | 20-12-1993 | Parole chiave: Balcani, Sarajevo
Da Ancona a Falconara marcia nazionale della solidarietà | Arci, Anpas, Acli, Associazione per la pace | Appello e comunicato stampa di lancio della Marcia Ancona-Falconara | 28-03-1994 | Parole chiave: Balcani, Manifestazione
Il coraggio di fare il primo passo | Hanan Ashrawi | Brano tratto dal libro "La mia lotta per la pace - Autobiografia di una donna scomoda" | 01-02-1995 | Parole chiave: Time for Peace
Qualcuno dopo questo massacro | Gianni D Elia | Recensione al libro "Qualcuno dovrà dopo tutto. Racconti e poesie dalla guerra". Edito da Lunaria in collaborazione con Associazione per la pace. International Peace Center di Sarajevo e Pen Club. Con poesie di, tra gli altri, Gianni D'Elia eTommaso di Francesco | 20-02-1995 | Parole chiave: Balcani, Sarajevo
Bosnia per fermare la guerra per rilanciare la solidarieta | Associazione per la pace, Arci | Lettera ai parlamentari. Le proposte del volontariato | 31-05-1995 | Parole chiave: Balcani, Intervento umanitario
Bosnia per fermare la guerra per rilanciare la solidarieta | Arci, Associazione per la pace | Lettera aperta ai parlamentari | 31-05-1995 | Parole chiave: Aiuti umanitari, Balcani, Intervento umanitario
Un vulcano di nome Kosovo | Tom Benetollo | Invito di Tom Benetollo per la preparazione di un'assemblea del movimento per la pace e la solidarietà nel Kosovo | 20-05-1999 | Parole chiave: Kosovo, Tom Benetollo
Dopo la 3a Assemblea dell'Onu dei Popoli | Tavola della Pace | Lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri, Massimo D'Alema | 20-09-1999 | Parole chiave: Onu dei popoli, Perugia-Assisi
Un'altro mondo è possibile costruiamolo insieme | Tavola della Pace | Programma della marcia Perugia-Assisi | 26-09-1999 | Parole chiave: Perugia-Assisi
Pensieri, parole e azioni della nonviolenza attiva. Aldo Capitini e Danilo Dolci | aavv | Numero monografico di Azione nonviolenta dedicato a Danilo Dolci e Aldo Capitini | 01-12-1999 | Parole chiave: Aldo Capitini, nonviolenza, Danilo Dolci
Banca mondiale e fondo monetario internazionale: controvertice a Praga | Tom Benetollo e Raffaella Bolini | Dichiarazione di Tom Benetollo, presidente nazionale Arci e di Raffaella Bolini, responsabile attività internazionali Arci | 27-09-2000 | Parole chiave: Nizza, fmi, wto, Praga, Arci, Banca mondiale, Tom Benetollo
Le ragioni del corteo dell 11 novembre | Tom Benetollo | Analisi, pubblicata su il Manifesto,sull'importanza della manifestazione unitaria dell'11 novembre | 04-11-2000 | Parole chiave: Palestina, Tom Benetollo, Time for peace
E ora mettiamolo al bando | Giulio Marcon | Articolo su il manifesto. Sotto il ponte che collega Belgrado a Pancevo vivono in duemila e duecento. Sono rom profughi dal Kosovo, scacciati dalle bombe Nato e dall'Uck. Per loro morire di uranio impoverito può essere addirittura un lusso | 21-01-2001 | Parole chiave: Uranio, Balcani
Per la globalizzazione dei diritti umani della democrazia e della solidarieta Cibo acqua e lavoro per tutti | Tavola della Pace | Appello della Marcia per la pace Perugia-Assisi | 14-10-2001 | Parole chiave: Perugia-Assisi, Onu dei popoli
Sì, è giusto andare a Genova | Tom Benetollo | "Genova chiama. E’ un anniversario che reclama  un impegno di cambiamento. Lo dobbiamo a Carlo Giuliani (ragazzo)." Inizia così il lungo articolo di Tom Benetollo a un anno dal G8 di Genova. | 15-07-2002 | Parole chiave: Genova, Iraq, Tom Benetollo, No Global
La pace fra legge e passione | Ida Dominijanni | Pietro Ingrao alla Fortezza: "La vostra speranza ha bisogno della forza della Costituzione". Al Social Forum di Firenze, un ponte fra generazioni | 11-11-2002 | Parole chiave: Pietro Ingrao, Social Forum Europeo Firenze
Lettera di ringraziamento post 15 febbraio | Tom Benetollo | Una "tesi di laurea in pillole", che poi è "una lettera di ringraziamento". Così viene definito il testo dallo stesso Tom Benetollo | 20-02-2003 | Parole chiave: Intervento umanitario, Iraq, Manifestazione, Onu, Relazioni Internazionali, Tom Benetollo
Le ragioni della manifestazione del 12 aprile. Benetollo La sfida del movimento per non rassegnarsi alla guerra | Checchino Antonini | Intervista a Tom Benetollo pubblicata su Liberazione , sulla manifestazione nazionale del 12 aprile, un appuntamento promosso da "Fermiamo la guerra" | 06-04-2003 | Parole chiave: Intervento umanitario, Iraq, Manifestazione, Tom Benetollo
Costruiamo insieme un' Europa per la pace | Tavola della Pace | Appello degli organizzatori in vista della Marcia Perugia-Assisi 2003: "Occorre agire subito!" | 12-04-2003 | Parole chiave: Perugia-Assisi
La Liberazione è assediata | Tom Benetollo | Nell'anniversario della Liberazione, uno scritto di Benetollo per rilanciare la lotta aperta al Forum Sociale di Firenze, e prepararsi al Forum di Parigi. | 25-04-2003 | Parole chiave: Tom Benetollo
In morte di Dino Frisullo | Tom Benetollo | "Caro Dino, ti ha fatto morire il dolore del mondo..." Lettera di Tom Benetollo per Dino Frisullo | 05-06-2003 | Parole chiave: Tom Benetollo
20 marzo contro gli inganni e le infamie a servizio della lotta per la pace | Tom Benetollo | Articolo su Il Manifesto sulle ragioni del 20 marzo: "Lo dobbiamo agli iracheni, e a chi soffre nella Bolgia che va dall’Afghanistan al Medio Oriente" | 10-03-2004 | Parole chiave: Iraq, Manifestazione, Tom Benetollo
Non romperete l'ondata pacifista | Tom Benetollo | "Perchè la forza della cittadinanza può davvero fare la differenza". Articolo su Il Manifesto in occasione della manifestazione del 20 marzo | 18-03-2004 | Parole chiave: Forum Sociale Mondiale, Iraq, Manifestazione, Tom Benetollo
Marcia Perugia-Assisi per la giustizia e la pace | Tavola della Pace | "Vieni anche ti indossando una maglietta bianca. Insieme creeremo la fascia bianca vivente più lunga del mondo. Una fascia bianca (simbolo dell´impegno mondiale contro la povertà) con un messaggio chiaro: mettiamo al bando la miseria e la guerra" | 02-07-2005 | Parole chiave: Perugia-Assisi
Dedicate il primo giorno di scuola alla pace | Tavola della Pace | La Tavola della pace invita le scuole a dedicare il primo giorno del nuovo anno scolastico alla pace. | 25-08-2005 | Parole chiave: Perugia-Assisi
Marcia Perugia-Assisi. Mettiamo al bando la miseria e la guerra . Riprendiamoci l Onu | Tavola della Pace | Appello per la Marcia | 11-09-2005 | Parole chiave: Onu, Perugia-Assisi
Arena cinematografica dedicata a Tom Benetollo e a Otello Urso nel Campo profughi Sarawi di El Ayoun | Redazione | Delegazione Arci al campo profughi Sahrawi per l'inaugurazione dell'Arena | 26-11-2005 | Parole chiave: Tom Benetollo, Sahrawi
Balcani dopo tanti errori evitarne un altro | Arci | Sull’intervento della comunità internazionale a sette anni dalla fine del decennio di guerra guerreggiata dei Balcani | 17-02-2007 | Parole chiave: Balcani, Kosovo
In cammino verso Assisi Voglio di piu | Tavola della Pace | In vista della Marcia appello in cui si chiede al Governo, al Parlamento e a tutte le forze politiche italiane più impegno e coerenza contro la povertà che uccide | 14-10-2007 | Parole chiave: Perugia-Assisi
Poesia per Gaza | Pietro Ingrao | | 09-01-2009 | Parole chiave: Palestina, Pietro Ingrao, Gaza
Perugia-Assisi 2010 | Tavola della Pace | Appello della Marcia per la pace Perugia-Assisi, 16 maggio 2010 | 16-05-2010 | Parole chiave: Perugia-Assisi
La prima fondamentale direttrice d'azione del Movimento Nonviolento e l'opposizione integrale alla guerra | Movimento nonviolento | Sul perché il Movimento nonviolento ha condannato l'intervento, non ha firmato appelli, cercando di capire e lavorando per fare della Marcia Perugia-Assisi un'occasione di crescita nonviolenta per tutto il movimento pacifista | 21-03-2011 | Parole chiave: Perugia-Assisi, Primavere arabe
Perugia-Assisi 2011 per la fratellanza dei popoli | Tavola della Pace | Appello di invito alla partecipazione | 25-09-2011 | Parole chiave: Perugia-Assisi
Hagar: non mi riconosco nemica | Stefania Cantatore | Comunicato stampa dell’UDI di Napoli in merito all’esposizione della gigantografia di Hagar Roublev, israeliana, femminista, pacifista, ​cofondatrice del Movimento Donne in Nero contro la guerra, che da oggi 14,30 – su richiesta delle donne di Napoli | 09-01-2014 | Parole chiave: Israele, Time for Peace
Perugia-Assisi. L'11 ottobre da Marcia a Catena Umana per la Pace | Luciano Scalettari | Articolo di Luciano Scalettari per Famiglia Cristiana | 20-09-2020 | Parole chiave: Perugia-Assisi
Aldo Capitini: profeta e apostolo | Chiara Mori | Ritratto chiaro e sintetico di Aldo Capitini | 16-03-2023 | Parole chiave: nonviolenza, Aldo Capitini, ritratti
Donne contro gli euromissili | Maria Letizia Fontana | Una prospettiva transnazionale e di genere dei movimenti antinucleari femministi e pacifisti nei primi anni Ottanta in Italia e Belgio. | 06-06-2023 | Parole chiave: Comiso, La Ragnatela, disarmo nucleare, Euromissili

Foto

Video

Podcast