Dallo scoppio del conflitto in Ucraina la coalizione “Stop the war now” https://www.stopthewarnow.eu/ si è schierata al fianco della popolazione vittima della guerra per sostenerla ed essere portavoce di dialogo e di pace tra il popolo russo e ucraino. Ma anche per organizzare l’accoglienza in Italia della popolazione costretta ad abbandonare l’Ucraina a causa dell’occupazione russa e dell’intensificarsi dei bombardamenti sulle città e sulle infrastrutture civili. Secondo un rapporto dell’ottobre 2024 pubblicato dall’Unfpa, l’agenzia dell’ONU che si occupa di demografia, dal 24 febbraio 2022 sarebbero 8 milioni gli ucraini, sui 43 milioni censiti prima dell’invasione, ad aver lasciato il territorio nazionale. Si tratta di un quinto della popolazione pre-bellica che ha trovato riparo all’estero ed in particolare nei paesi dell’Europa occidentale. Il rapporto sottolinea come questo calo era già significativo dal 2014 ovvero dall’inizio della crisi di Crimea e dallo scontro con le repubbliche separatiste del Donbass che aveva procurato ancora prima del febbraio 2022, almeno 15mila morti ed un numero imprecisato di feriti e mutilati.
La campagna “Stop the war Now” si è immediatamente mobilitata fin dallo scoppio del conflitto, coordinata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII e dalle reti nazionali FOCSIV, AOI, Rete Italiana Pace e Disarmo e Libera contro le mafie, in rappresentanza di tutte le associazioni. A dispetto di chi, dai soliti talk show bellicisti, chiedeva “dove sono i pacifisti?”, centinaia di attivisti organizzavano carovane per la pace, per portare aiuti alla popolazione stremata e dare un passaggio sicuro verso l’Europa a quei cittadini e cittadine – in particolare i soggetti più fragili- colpiti dall’allargarsi delle operazioni militari. Nel primo appello lanciato da Stop the war now all’indomani dell’invasione,si legge : “Crediamo fermamente che l’umanità non si possa abituare alla guerra, all’incessante bombardamento dei civili, alla costrizione di persone inermi al freddo, alla sete, alla violenza. Perché nessuno, neanche le persone più ricche e potenti del mondo, hanno il diritto di fare la guerra” .
Sono ben quattro Carovane della Pace partite dall’Italia tra l’aprile e l’ottobre 2022, con i rappresentanti della società civile nonviolenta e pacifista, per testimoniare con la propria presenza in Ucraina la volontà di costruire un dialogo di pace attraverso azioni nonviolente. “Torniamo indietro – scrivono in quei giorni i pacifisti delle carovane – con un bagaglio di sogni e di speranze, di cose da fare e realizzare in Italia. Perché la pace non va costruita soltanto qui in Ucraina. La pace è un bene universale e deve partire anche dai nostri Paesi. Invochiamo allora un impegno e un’azione dei nostri governi affinché questa pace venga costruita. Ma anche noi dobbiamo essere soggetti attivi di pace nelle nostre famiglie, nelle nostre città e tradurre in azione politica sui nostri territori quello che abbiamo visto e ascoltato. Queste carovane sono importanti perché raccogliamo gli abbracci e le speranze delle persone che soffrono sotto le bombe, ma sono ancora più importanti per quello che riportiamo indietro, in Italia”. Con forza i pacifisti chiedono il cessate il fuoco e di dare spazio alla diplomazia internazionale per la risoluzione della controversia anche attraverso la convocazione di una conferenza di pace sulla sicurezza comune da parte dell’Onu sul modello di Helsinki 1975.
È da una di queste carovane che viene lanciata la campagna a sostegno degli obiettori di coscienza e dei disertori russi, ucraini e bielorussi, “Object War” promosso dalla War Resisters’ International, EBCO-BEOC, IFOR e Connection. Viene promossa una raccolta di firme alla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, al Presidente del Consiglio europeo Charles Michel e alla Presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola. La petizione sottolinea la necessità di sostenere il diritto di asilo agli obiettori di coscienza e ai disertori di Russia, Bielorussia e Ucraina da parte degli Stati ospitanti. Sia gli obiettori di coscienza ucraini, bielorussi e russi sia i rappresentanti di Stop the War Now prenderanno la parola alla prima grande manifestazione contro la guerra, promossa di Europe for Peace a Roma il 5 novembre 2022.
Nonostante gli sforzi dei pacifisti ed una opinione pubblica contraria ad alimentare l’escalation del conflitto, la guerra è andata avanti con il consenso di larga parte del mondo politico e delle classi dirigenti europee. La guerra aperta con le distruzioni su larga scala dell’Ucraina ha determinato un calo drastico del tasso di natalità del tasso di natalità a un bambino per donna, che è una dei più bassi al mondo. La curva demografica rappresenta una società che invecchia rapidamente, più di quella italiana, e si impoverisce ad un tasso esponenziale a causa della perdita di professionisti e tecnici di alto livello che cercano condizioni migliori all’estero per sfuggire alla paura e all’indeterminatezza prodotta dal prolungarsi ed allargarsi del conflitto. Per non contare dei morti, dei feriti, delle vedove e degli orfani che la guerra continua a mietere dall’una e dall’altra parte. l numero di vittime è uno dei segreti meglio conservati su entrambi i fronti della guerra in Ucraina. A due anni e mezzo dallo scoppio del conflitto, il Wall Street Journal https://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2024/09/19/un-milione-vittime-guerra-ucraina ha ipotizzato un bilancio complessivo di un milione di vittime, tra morti e feriti. Il quotidiano statunitense cita una stima confidenziale che parla di 80mila morti e 400mila feriti ucraini e un’altra, meno precisa, di 200mila morti e 400mila feriti russi. Il totale supera il milione di vittime, ovvero più di qualsiasi altro conflitto in corso in questo momento. Per l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) l’impatto sull’ambiente del prolungarsi delle attività militari “è destinato ad essere significativamente più grave di quanto si sia visto nella storia. L’esperienza di altre aree colpite da conflitti indica che i suoli delle zone in cui si svolgono intense ostilità, come Bakmut e Avdiivka, impiegheranno decenni (o addirittura secoli) per essere ripristinati”.
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